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Channel: Mara Pettignano, Autore presso Dissapore
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Sherbeth 2017: identikit del gelatiere artigianale, chi è e cosa pensa

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Chi fa il gelato artigianale sorride spesso.

Normale, direte, visto che i loro gusti funzionano da auto-terapia nei momenti difficili.

Chi fa il gealto non si prende troppo sul serio, a meno che non lo facciate parlare di emulsionanti, addensanti, basi e neutri. Poveri voi, allora vi aspettano filippiche incomprensibili su chimica e bilanciamenti esatti degli ingredienti.

Per capirli è bastato osservarli nel laboratorio comune messo a disposizione dallo Sherbeth 2017, il festival del gelato artigianale di Palermo. Un luogo che ti immagini frenetico ma dove scopri concentrazione, senza ansie o divismi.


Le migliori 100 gelaterie artigianali del 2017: da 10 a 1

Cose da sapere prima di andare a Sherbeth Festival 2017


E molta democrazia. Tutti si aiutano, tutti fanno tutto: non è semplice distinguere l’assistente dal gelatiere.

Pesano con un pizzico di ossessione lo zucchero, versano il succo da una ciotola all’altra, tutti assaggiano e si confrontano condividendo senza gelosie la comune passione.

Sherbeth per loro è ufficialmente lavoro, ma ritrovarsi tutti insieme a Palermo, finalmente protagonisti, riesce a gasarli fino all’euforia.

IL GELATIERE ITALIANO SI SENTE ARRIVATO? BREVE CRONACA DEL CONCORSO PROCOPIO CUTO’

Quest’anno allo Sherbeth i gelatieri italiani hanno avuto la fortuna (sfortuna?) di essere giudicati dal maestro Angelo Corvitto, un presidente di giuria affabile come un domenicano spagnolo ai tempi della Santa Inquisizione.

Bravo è bravo, non si discute, convinto che il compito di un giurato sia dire la verità, tutta la verità.

Anche se spesso è la sua verità.

Per esempio, è convinto che i gelatieri italiani si sentano i migliori del mondo, arrivati insomma, tanto da rischiare di perdere il primato com’è successo negli anni agli chef francesi.

Cosi i gelatieri, molti dei quali nomi famigliari nella classifica delle migliori 100 gelaterie italiane di Dissapore, sono stati chiamati a spiegare il loro gelato, mal celando un certo fastidio.

Corvitto ha ascoltato, assaggiato, storto il naso, provato e riprovato.

Alla fine a vincere Sherbeth 2017 sono stati due gelatieri giapponesi.

IL GELATO ARTIGIANALE E LA DIFFICOLTA’ DI COMUNICARNE LA QUALITA’

Non esistendo (ancora) un regolamento valido per tutti, ogni gelatiere ha la propria idea di gelato artigianale, e tutte sono legittime.

— Farina di carruba si o no?
— Basi neutre e senza aromi si o no?
— In che percentuali?
— Uovo come emulsionante si o no?
— È concessa la pasta pronta di pistacchio, anche se fatta con quello di Bronte?
— O il pistacchio occorre lavorarlo direttamente?

Da qui la difficoltà di far sapere a noi, che i loro gelati artigianali li mangiamo, le differenze non tanto con quelli industriali, che ormai si riconoscono abbastanza facilmente, ma con il gelato di chi impiega prodotti standard e si vanta di un’artigianalità fuorviante.


Come si riconosce il gelato artigianale


Solo su un punto sono, e siamo, tutti d’accordo.

Il gelato artigianale è quello che il gelatiere controlla fin nelle pieghe più insignificanti. Più ricerca ingredienti originali, più li lavora di persona, più il suo gelato diventa artigianale.

[FOTO ALFIO BONINA]

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Fuoco! Food Festival: cosa vi siete persi se non siete venuti

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Stranezze settimanali dalla Gran Bretagna: non sopportava più la moglie, scappa e vive per 10 anni in un bosco.

Ma non si scappa solo dalla moglie. Prendi noialtri qui: abituati a gente che applaude e si ammassa, annunci, passarelle, caldo, frastuono, polemiche precedenti e successive, ci capita di scappare dagli eventi enogastronomici.

Potete immaginare con che gioia abbiamo accolto questo invito:

— preparate un fagotto (truscia per i siciliani);
— vestitevi in modo consono;
— inoltratevi tra gli alberi;
— sdraiatevi a terra e chiudete gli occhi dopo aver visto gli chef lontani da fornelli e microfoni, senza nessuno intorno che chieda spiegazioni sulla loro cucina.

Bosco della Contessa

Gli stessi chef che, in un’atmosfera da sabba, avrebbero cucinato fin dall’alba del 30 settembre scorso animali interi o interiora bollite sulle braci ardenti o dentro rudi pentoloni.

Aggiungete un tocco di fumo acre tanto da farvi lacrimare, e inizierete a farvi un’idea di Fuoco! Food Festival, evento paracadutato dal nulla (in realtà è alla seconda edizione, ma la prima era stato un affare per pochi) nel Bosco della Contessa, in provincia di Siracusa, tra Buccheri, Palazzolo Acreide e Sortino.

Vi spiego perché Fuoco! Food Festival è diverso da tutti gli altri festival di cucina.

Zona dalla triangolazione culinaria in forte ascesa: è terra di carrube, vi si produce il miele migliore d’Italia oltre, soprattutto, ad alcuni tra i più imperdibili olii siciliani.

I residenti sono noti per tre motivi:

1. L’ospitalità siciliana incredibile ma senza pietà, che può condurre all’arresto cardiocircolatorio per il troppo mangiare;
2. Il modo anomalo di pronunciare la erre;
3. Le grandi bevute di “spiritu re fasciddari”, potente distillato ricavato dal miele e dalla cera rimasti nelle arnie, “cunsatu”, cioè condito, con miele e poi cotto a fuoco lento.

Fuoco Festival

Fuoco Festival

Arrivi a Fuoco e pensi subito alle telefonate che non hai fatto, agli amici che non hai informato. Passata la botta di buonismo pensi con sottile piacere che dovrai sobbarcarti da solo il compito di assaggiare la salsiccia palazzolese, tagliata al coltello, bagnata col vino, cotta sotto la cenere e avvolta nella carta paglia.

La carne cotta nei “canali” e le cervella di pecora, i cui odori si mischiano al sapore grasso del suino nero e alla ventresca del tonno.

Fuoco Festival

Fuoco Festival

Fuoco Festival

Alzi la mano quel siciliano che non ha pensato: potevo farla io una cosa del genere.

Invece l’ha inventata e organizzata Daniele Miccione –caporedattore centrale de La Gazzetta dello Sport– alla bell’e meglio nel 2016, in modo meno confuso quest’anno, anche se bisogna fare meglio.

Aveva inventato insieme al collega Pier Bergonzi anche Gazza Golosa, braccio buongustaio della Gazzetta dello Sport, tanto per esaurire le presentazioni.

L’idea era e continua a essere questa: caro viziatissimo chef, ci vieni a cucinare in mezzo a un bosco senza minipimer, roner e piastre a induzione? E no, non è per un reality di cucina en plein air di cui sono stato incaricato di curare le selezioni.

Questa volta hanno accettato la sfida: Diego Rossi (Trippa, Milano), Cesare Battisti (Ratanà, Milano), Giuseppe Zen (Mangiari di strada, Milano), Tony LoCoco (I pupi di Bagheria), Franco Pepe (Pepe in Grani, Caserta), Renato Bosco (Saporè, Verona) e altri.

fuoco food festival

Fuoco Festival

E considerate che la Sicilia delle tintarelle di ferragosto non potrebbe essere più distante. No, non pagate due euro per la doccia come sulle spiagge di San Vito, però ci si deve adattare.

L’abbeveratoio del bosco diventa un congelatore e l’anguria scavata la botte da cui mescere il vino.

Fuoco Festival

Fuoco Festival

Fuoco Festival

E ora, se vi è venuta voglia, la rubrica dei consigli per Fuoco 2018.

Fuoco Festival

Fuoco Festival

Mettete da parte i tacchi, lasciate perdere le panche, portatevi due plaid, uno per sedersi sulla terra e pranzare, l’altro per avvolgervi quando puntuale, nel pomeriggio, scenderà la nebbia.

Sbirciate senza soffermarvi troppo i piatti che non contemplano la carne. Carne e fuoco sono la vera attrazione della festa.

Amate il vino? Non fatevi ridere dietro, Fuoco non è un percorso di degustazione per esprimere le proprie interessantissime idee su sentori, nuance e mineralità, lasciatevi andare alla prima bottiglia che capita.

vino fuoco food festival

Fuoco Festival

E soprattutto, sfidatevi, perbacco!

Per una volta mangiate senza badare troppo alle apparenze, ‘ché di fumo ce n’è già troppo, e solo Fuoco può smaltirlo.

fuoco food festival

MAcro Pane

Fuoco Festival

[CREDIT: FOTO ALFIO BONINA PER DISSAPORE]

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Zash: come mai in Sicilia non c’è una nuova stella Michelin

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In Sicilia ci sono 10 ristoranti con una stella Michelin e 4 con due stelle, tutti appena riconfermati dall’edizione 2018 della guida. Ma nell’isola la Rossa questa volta non ha assegnato nuove stelle.

Neanche a Zash, nome caldissimo della vigilia, con tanto di chef finalista al Bocuse d’Or 2017, versione indigena di un noto concorso internazionale.

[Com’è andata la Guida Michelin 2018: le novità]

Zash, lussuosa locanda nata nel 2012 dal restauro di un ex casa padronale tra Catania e Taormina, ha un colpo d’occhio fantastico, in cucina il giovane e audace Giuseppe Raciti è più che una promessa, eppure, anche questa volta, Zash ha fallito l’obiettivo stella.

Cerchiamo di capire perché questa benedetta stella tarda ad arrivare.

L’ATMOSFERA

Vero, la scelta di descriversi come un “country boutique hotel” non è delle più felici, ma le 9 camere sparse nel verde di un agrumeto hanno un sapore molto contemporaneo. Due in particolare, racchiuse tra pareti di cristallo con vista giardino, permettono a luna e stelle di disegnare l’orizzonte.

In una strada secondaria, una specie di labirinto conduce al ristorante ambientato in un vecchio palmento (il posto in cui anticamente si pigiava l’uva per ricavare il mosto). Il design moderno, nonostante la materica presenza della pietra lavica, come si addice alle zone dell’Etna, non riesce a scaldare.

Zash

Carla Maugeri, giovane proprietaria di Zash con il compagno architetto Antonio Iraci, alternando cromie grigie e trasparenze è riuscita a rispettare la natura del palmento. L’arredo sembra uscito da una rivista per architetti, a iniziare dai tavoli Lago e dalle lampade Groppi.

Zash

Gli ingressi per il ristorante sono due. Entrando, passa qualche minuto prima che qualcuno si accorga dei nuovi clienti. La responsabile, cui spetta il compito di fare gli onori di casa (ma solo nel tavolo accanto al nostro), è di un eleganza ricercata, con gli stivali perfetti per la monta inglese, complemento ideale in un’ambientazione da resort di campagna.

[Guida Michelin 2018: perché Cracco ha perso una stella?]

Tutto molto chic, direte, ma questa continua attenzione per il bello come si riflette sui clienti del ristorante?

Una volta accomodati, bisogna attendere parecchio anche per avere l’acqua. Sul tavolo, il piattino dell’olio, ovviamente stilizzato e bello, rimane tristemente vuoto.

Tanta apparenza e poi così poca cura dei dettagli? Anche il servizio sembra distratto, durante la cena si sommeranno consigli fugaci, lievi ritardi, dimenticanze sorridenti.

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LO CHEF E LA CUCINA

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Allievo di Ezio Santin all’Antica Osteria del Ponte prima, poi di Massimo Mantarro, chef del ristorante Principi Cerami di Taormina, Giuseppe Raciti è un vero talento in formazione che ha conservato l’umiltà degli inizi. Autoctono, dedica alla cucina del posto accenni veloci, prendendone in sostanza le distanze.

I menu degustazione sono 4:  “né carne né pesce”, 55 euro, inizia con l’uovo poché dedicato a Santin, gli altri sono “Trinacria”, “Ci penso io” (lasciato alla scelta dello chef), infine la nostra scelta: “Universo mondo terra”.

Il benvenuto dello chef è un fritto da street food, un piccolo arancino di zucca e provolone e una crespella con acciuga. Abbastanza banale nell’aspetto ha un sapore formidabile, siciliano autentico.

ZashZashEntusiasma poco, visto il sapore insignificante, la focaccia con stracciatella di bufala, tonno salaggionato e quenelle di avocado.

[Sicilia: i 25 migliori ristoranti del 2016]

L’attenzione per il prossimo piatto è massima, come capita a noi siciliani quando una portata è del tutto estranea alla nostra cucina. Si tratta di un carpaccio di filetto di scottona irlandese, con lardo al pepe nero, senape di digione, maionese di lamponi, rucola selvatica.

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Ma nemmeno a dirlo, a distinguersi tra gli altri ingredienti è la provola fritta, racchiusa in una specie di croccante crespella. Buona idea di Giuseppe Raciti realizzata alla perfezione.

Incuriosisce un fuori menu che ricorda nel nome Scillichenti, frazione di Acireale rinomata per il pane cunsatu (condito).

È un pane con alici marinate al peperoncino fresco, aglio e limone, burratina, pomodorini datteri, capperi di salina, indivia riccia e basilico.

Le alici marinate sostituiscono quelle salate, la burrata è fin troppo leggiadra ma il pane è un invito irresistibile.

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Arriva la pasta: tagliolini alla finta carbonara di porcini dell’Etna, zucca gialla, guanciale di maialino e provolone ibleo.

Benché Raciti la definisca finta, questa è un’autentica carbonara etnea, il primo piatto che mangiamo tenacemente vulcanico. Bello a vedersi, gustoso, è anche un gioco di cotture riuscite: pasta, funghi porcini e guanciale.

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A seguire pluma di maiale iberico.

Quello che il menu descrive come “il nostro cavallo di battaglia” è un piatto che in realtà dice poco, un esercizio di stile fine a se stesso, come l’assolo di un musicista molto tecnico ma con poca anima. Da uno del livello di Raciti ci si aspetta più considerazione per gli avventori.

[Il buonappetito – Sopravvivere all’ospitalità siciliana]

Il maiale è cotto a bassa temperatura per ammorbidirne la carne, ma i sapori non traggono vantaggio dalla lunga permanenza a contatto col fuoco, e gli abbinamenti nel piatto sembrano casuali, come per la salsa di liquirizia, aceto balsamico e caffè.

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Il dessert si chiama tartufamisù (evabbè). Ma al netto del nome la crema al mascarpone, il gelato al caffè e la salsa di cioccolato al latte fanno il loro dovere.

Zash

GIUDIZIO FINALE

Finora il languido entusiasmo di buona parte dei critici e food blogger siciliani ha protetto il ristorante dalle critiche, ma la stella Michelin, ancora una volta, non è arrivata.

L’impressione è che se allo Zash il design è servito, la cucina lo sia meno, con la personalità dello chef, certamente di talento, ingabbiata da una ricerca estetizzante cara soprattutto alla proprietà.

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SP2/I-II, 70, 95018 Riposto (CT) 

Tel. 095 782 8932

[CREDITI – FOTO ALFIO BONINA]

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I 30 panettoni artigianali migliori del 2017

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Odore, colore, sapore. Poi aspetto e consistenza, che per noi è la vera prova del nove di questo Everest del lievitato che è il panettone.

Sono questi i parametri che hanno orientato la più nobile delle classifiche natalizie di Dissapore, quella sui panettoni di pasticceria, anno di grazia 2017. Un’edizione parecchio accidentata, vedrete.

Due o tre cose che vogliamo dirvi.

Il prezzo —sì, lo sappiamo, alto—, compreso tra i 22 e i 35 euro al chilo. Ma parliamo di piccoli gioielli, vera ossessione per i pasticcieri di tutto il mondo proprio perché difficili da preparare: tutto quello che può andare storto, in genere, va storto.

La freschezza, criterio fondamentale di cui spesso ci dimentichiamo. Se artigianale, il panettone non va venduto oltre i 30 giorni dalla fine della produzione, con tanto di data impressa nell’etichetta esterna. Fateci sempre caso prima di spendere, anche perché, come sapete, parliamo di lievitati che non contengono conservanti.

Il taglio: tagliatelo in due il panettone artigianale, prima di procedere con le singole singole fette. Annusatelo, ammiratelo, tutto vi sarà chiaro, e vivrete un momento di gloria.

LA CLASSIFICA 2017

Anche quest’anno abbiamo radunato 40 panettoni provenienti dalle migliori pasticcerie italiane. Sette palati di quelli ben allenati li hanno assaggiati tutti. Il risultato delle valutazioni “alla cieca” è questa lista di 30 (beh, non proprio 30, per vari accidenti) panettoni artigianali, con ben 8 novità tra nuove entrate e rientri in classifica.

La Campania fa la parte del leone con 11 (undici!) panettoni, seguita dal Veneto con 5. Solo terza la Lombardia, patria del dolce natalizio, in una geografia della qualità completamente stravolta.

Ancora una cosa: fino al 21esimo posto trovate solo citazioni con indirizzo, dal 20esimo posto in poi anche le schede, più o meno corpose.

FUORI CLASSIFICA

In una specie di autoselezione naturale finiscono fuori classifica ben 3 panettoni e altrettante pasticcerie, tutte blasonate, mentre nel caso del pasticciere Salvatore De Riso è il trasporto a combinare il patatrac. Infine, un panettone non è arrivato a destinazione. Ma vediamo caso per caso.

ERNST KNAM

Sicuri di valutare un panettone artigianale, acquistiamo quello di Ernst Knam, che ha convinto molti milanesi a mettersi disciplinatamente in fila durante il ponte dell’Immacolata (abbiamo la foto).

Tutti e 7 i palati che partecipano al panel concordano: crosta troppo brunita, impasto fitto e compresso, profumi pungenti che rendono poco distinguibile il sapore di canditi e uva passa.

La spiegazione arriva dalla lista degli ingredienti: lievito madre (e ci mancherebbe), scorze di arance e cedro candite, poi emulsionanti, mono e digligeridi degli acidi grassi. A 35 euro al chilo.

Infine, sempre dall’etichetta, scopriamo che Knam, forse sotto pressione nel periodo natalizio per l’affettuoso assalto dei milanesi alla sua pasticceria, per produrre il panettone si rivolge al laboratorio Reina di Milano. Niente, non fa per noi.

Ernst Knam, via Anfossi 10, Milano.

RINALDINI

panettone rinaldinipanettone artigianale rinaldini

Capita, sono pur sempre prodotti artigianali. Ad ogni modo, il panettone di Rinaldini, piccola celebrità nel mondo della pasticceria grazie alla tv, ben piazzato nella classifica di Dissapore 2016, questa volta aveva la pasta praticamente cruda.

Pasticceria Rinaldini, via Coletti 131, Rimini.

ENOTECA POSILLIPO

Panettone Posillipo

Panettone Posillipo

Panettone Posillipo

Aveva un problema anche il panettone di Enoteca Posillipo, che l’anno scorso ci era piaciuto, ma proprio parecchio. Lo zucchero si è impossessato della crosta sommergendo tutto, aromi compresi. Unto e appiccicoso, a giudicarlo gli si farebbe un torto.

Enoteca Posillipo, viale Ceccarini 136, Riccione.

SAL DE RISO

panettone sal de riso

panettone artigianale sal de riso

Volto familiare di quella tv che un po’ rovina i pasti, il suo panettone è così pop che in giro ci sono foto tutorial delle ricette al posto dei cartelloni pubblicitari.

Ma la sorte è avversa a Sal De Riso nella nostra classifica 2017, il demerito non c’entra.

Le macchie di benzina nella confezione del panettone lasciano intuire le peripezie affrontate dal corriere per arrivare sino a noi. È un panettone a forma di colomba quello che ci troviamo davanti, con le ali un po’ tarpate, che ricorda un soufflé.

Ingiudicabile, purtroppo.

Pasticceria Sal De Riso, via Roma 80, Costa di Amalfi.

Ultima esclusione: il 27 novembre scorso abbiamo acquistato il panettone di Attilio Servi, gagliardo pasticciere romano ben posizionato nella classifica 2016. A oggi, nonostante numerose sollecitazioni, non è ancora arrivato a destinazione.

Bene, anzi male. Ad ogni modo siamo pronti per cominciare dal…

#28 SPAZIO SANPA (+1)

panettone spazio sanpa
panettone artigianale spazio sanpa

Spazio Sampa, Comunità San Patrignano, via San Patrignano 53, Coriano (Rimini).

#27 GIOVANNI PINA (nuova entrata)

Panettone Giovanni Pina Panettone artigianale Giovanni Pina

Pasticceria Giovanni Pina – Via Locatelli 14, Trescore Balneario (BG)

#26 COMI (nuova entrata)

Panettone Comi Panettone Comi
Pasticceria Comi – Via Camillo Benso Conte di Cavour 4, Missaglia (LC)

# 25 TABIANO (rientrato)

Panettone Focaccia

panettone artigianale tabiano

panettone artigianale pasticceria tabiano

Pasticceria Tabiano, viale alle Fonti 7, Tabiano Terme (Parma).

#24 DOLCIARTE (-7)

Panettone Dolciarte Panettone Dolciarte

Dolciarte – Via Trinita’ 52, Avellino

#23 GIANPAOLO (nuova entrata)

Panettone Gianpaolo

Panettone artigianale pasticceria Gianpaolo

Gianpaolo – Via Molise, 2 – Merine di Lizzanello (Lecce).

#22 PANIFICIO MODERNO (nuova entrata)

panettone panificio moderno panettone artigianale panificio moderno

Panificio Moderno, Via al ponte 10, Isera (Trento)

#21 ANGELO GRIPPA (-1)

Panettone Grippa Panettone artigianale Grippa Panettone artigianale angelo Grippa

Angelo Grippa – Pasticceria Di Biase – Via S. Berardino 21, Eboli (SA).

# 20 PASTICCERIA PANSA (+6)

panettone pasticceria pansa panettone artigianale pasticceria pansa panettone artigianale pasticceria pansa amalfi

Da cinque generazioni i pasticcieri di Pansa rinfrancano e anzi deliziano residenti e turisti che si contendono i tavolini in piazza Duomo ad Amalfi: siamo in uno dei Locali storici d’Italia, icona del bel mondo dagli anni Sessanta del secolo scorso.

Il panettone è basso, lo stile milanese, la pasta porosa, soffice ma un po’ spenta nel colore. Tra gli ingredienti spicca il sale artigianale di Trapani.

Pasticceria Pansa – Piazza Duomo 40, Amalfi (SA).

#19 OLIVIERi 1882 (nuova entrata)

panettone olivieri 1882

panettone artigianale olivieri

panettone artigianale olivieri 1882

Basso e bello, con la corretta umidità nella pasta luminosa, regalata dalla frutta candita in casa con il metodo delle vasche di canditura. La scarpatura, cioè il rituale taglio a croce nella parte alta del panettone, rivela una cottura esemplare, eseguita non un grado oltre la temperatura giusta.

La vaniglia Bourbon è il fiore all’occhiello di una lista ingredienti da panettone di razza, status confermato dall’assaggio: aroma intenso e consistenza morbida. Olivieri 1882 è una delle sorprese di quest’anno, e pensare che i suoi artigiani hanno le mani in pasta dal 1882, appunto.

Olivieri 1882 – via Alberti, 13 Arzignano (VI).

#18 BIASETTO (nuova entrata)

panettone pasticceria biasetto panettone artigianale pasticceria biasetto

Il bordeaux in tutte le sue sfumature è il colore muliebre scelto per la confezione.

Un mandorlato che centellina le mandorle, quello dell’inventore di un classico-moderno di peso come la leggendaria Setteveli, ma è in compenso un tripudio di uova e granelle di zucchero.

Insolitamente pastosa la mollica per uno stile rigoroso come quello di Biasetto, il vero punto di forza sono i profumi: inebrianti.

Pasticceria Biasetto – Via Jacopo Facciolati, 12, Padova

#17 RIGACCI48 (+13)

Panettone Rigacci Panettone artigianale pasticceria Rigacci

Nudo e crudo nella sua non-confezione, rivela cura ossessivo-compulsiva degli ingredienti —in particolare del burro— tuttavia, ahinoi, anche una consistenza più tenace di quanto dovrebbe.

Ma quest’anno i fratelli Rigacci, dell’omonima pasticceria di Cerbaia Val di Pesa, nel fiorentino, dove s’impasta da tre generazioni, hanno fatto un bel balzo in avanti.

Pasticceria Fratelli Rigacci ’48 – via Pablo Picasso 14, 50020 Cerbaia Val di Pesa (FI)

#16 INFERMENTUM (-8)

Panettone Infermentum Panettone artigianale Infermentum

Quella di Infermentum è la storia inconsueta di quattro amici che non si formano in pasticceria ma, uniti dal comune trasporto per i lieviti, decidono di mettersi in gioco.

Iniziano proprio sfornando panettoni artigianali che presentano incartati in un sacchetto simile a quello del pane.

Il panettone che ne esce fuori è un lievitato tosto, dalla cottura un punto oltre, quanto basta per diventare un aroma nella crosta e rendere l’uva leggermente amara. In compenso i giovani veronesi controllano la lievitazione fin nelle pieghe più insignificanti.

Infermentum – Via Copernico 40, 37023 Stallavena (Verona).

#15 PASTICCERIA MAMMA GRAZIA (+3)

Panettone pasticceria Mammagrazia
Panettone artigianale pasticceria Mammagrazia

Pasticcieri da quattro generazioni a Nocera Superiore. Il panettone di Giuseppe e Pasquale, padre e figlio, è attentissimo ai colori. Interno giallo di pasta soffice reso piacevolmente umido dai grandi canditi.

Tessitura dell’impasto da apprezzare, gli agrumi risalgono prepotenti nelle narici in questa interpretazione del panettone, meno arrogante e aristocratico della controparte meneghina.

Pasticceria Mamma Grazia – Via Vincenzo Russo 136-138 84015 Nocera Superiore (SA).

#14 PASTICCERIA MARISA (-2)

Panettone Marisa

Panettone artigianale Marisa

Panettone artigianale pasticceria Marisa

Dissimula bene la sua ambizione il fuoriclasse Lucca Cantarin (dove Lucca non è un refuso) mentre si nasconde dietro un’infinità di storie, desideri, passioni e dediche da leggere nella brochure.

Minimalista la confezione color biscotto, che va letta come una dichiarazione d’intenti: badate che qui, nella pasticceria ad Arsego di San Giorgio delle Pertiche, provincia di Padova, facciamo attenzione a ciò che mangiate, a partire dalle farine.

Cupola chiara, forse troppo, e liscia, forse troppo. Sofficità ineccepibile per un impasto dalla consistenza che ricorda troppo una brioche, ma che in cambio con la nota di burro e crema pasticciera ti fa sentire le campane.

Gelateria Pasticceria Caffetteria “Marisa” – Via Roma 422, Arsego di San Giorgio delle Pertiche (PD)

#13 RENATO BOSCO (rientrato)

Panettone Renato Bosco Panettone artigianale Renato Bosco

Prima cosa da puntualizzare: siamo su livelli più alti rispetto ai poco ortodossi primi approcci del “pizzaricercatore” veronese con il dolce milanese, nonostante anche questo panettone si presenti leggermente “accomodato” nel suo pirottino.

Meno carico di burro e uova dello scrigno giallo e odoroso da pasticceria, mette in mostra una lievitazione magistrale per un dolce ruvido ma di sostanza, bel lavoro della “pasta madre viva” ideata da Bosco. I canditi fuoriescono dagli alveoli della pasta color giallo vivo come piccoli smeraldi.

Consistenza leggermente pastosa ma profumo intenso e agrumato. Elegante la confezione total white.

Saporè – Via Ponte 55/A , San Martino Buon Albergo (VR)

#12 MARIGLIANO (-3)

Panettone Marigliano Panettone artigianale Marigliano

Non chiedeteci il motivo, ma quando a fine degustazione tiriamo fuori le confezioni per ciascun artigiano, per quello di Pasquale Marigliano, scatta l’applauso.

Dicono sia saggio e calmo, il pasticciere dell’anno nel 2016, curriculum lungo così con tanto di apprendistato da Pierre Hermé, francese, uno dei più grandi pasticcieri del mondo.

Ma parliamo di panettone: si nota subito il colore dorato scuro della crosta, ma senza bruciature. E se a seguire il percorso degli alveoli della pasta si rischia un forte mal di testa, sul sapore forte e agrumato non abbiamo nulla da ridire.

Invece: abbiamo annusato più volte, niente, quest’anno i profumi non sono la forza del lievitato di Marigliano.

Pasticceria Pasquale Marigliano – Via Gabriele D’Annunzio 23, San Gennarello di Ottaviano (NA)

#11 SALVATORE GABBIANO (+8)

Panettone gabbiano Panettone artigianale Gabbiano

Veneziana in pompa magna: il panettone mandorlato di Gabbiano è la rivelazione del 2017.

Va aldilà delle regole di un panettone perfetto. Malgrado l’armonia sia da perfezionare, l’impasto bisbiglia una semplicità spugnosa che  si propone come il compromesso ideale tra i lievitati tradizionali milanesi e quelli campani, pieni di passione.

Panettone Gabbiano Panettone artigianale pasticceria Gabbiano

Ne esce fuori una nuvola di panettone leggera e delicata nonostante il carico di uova e il fortissimo sentore di burro, più una crosta dalla natura funky.

Pasticceria Gabbiano – Via Lepanto 153, Pompei (NA)

#10 PAVE’ (+14)

Panettone PAvepanettone artigianale pasticceria pavePanettone artigianale PAve

Le cromìe optical della confezione, che ricordano vagamente le opere di Escher, o se guardate xFactor le giacche di Luca Tommasini, non traggano in inganno: questo non è (soltanto) un panettone per i rockettari con la barba a punta da aitanti startupper che frequentano la pasticceria milanese.

A iniziare dalle forme sinuose e dai profumi, che quasi stordiscono.

panettone artigianale pasticceria pave 2

Profumi di lievito e di pane, sostanziosa la quantità dell’uvetta, seppure in gruppi ravvicinati. Persistenza briosa di arancia candita. Anche se un punto di umidità in più avrebbe giovato, ecco un altro bel colpo della fucina milanese con il risvoltino.

Pasticceria Pavè – Via Felce Casati 27, Milano

#9 PANIFICIO ASCOLESE (+14)

Panettone AscolesePanettone artigianale Ascolese

Il panettone che ha convinto i giudici conquistando il podio di Re Panettone, appuntamento milanese con il meglio dei lievitati artigianali, è di Salerno.

A convincere noi è quel minuscolo candito che rigiriamo di continuo tra le dita, mentre procediamo all’assaggio. Si tratta del miglior cedro candito di questo panel, inserito con i suoi fratelli in una pasta dai colori vividi, anche se ci piacerebbe sentire più umidità.

PAnettone artigianale panificio Ascolese

La nota vanigliata è micidiale, bella la tessitura della pasta, imponente e borbonica.

Panificio Ascolese – Via Vetice 53, San Valentino Torio (SA)

#8 PASTICCERIA VIGNOLA (+6)

Panettone Vignola

Panettone pasticceria Vignola
Raffaele Vignola, un ragazzo d’altri tempi e un po’ secchione, è il creatore di questo soffice cuscino incastonato di succosa uva bionda.

Da stregone delle sue lande, nel suo laboratorio di Solofra (Av), si concede esperimenti sulle prime un po’ bizzarri, vedi il panettone al carbone vegetale.

Panettone artigianale Vignola Panettone artigianale pasticceria Vignola

Ma quello classico stupisce per la consistenza soffice, e poi il colore: che sia il burro di cacao, il malto, o il miele dei colli Irpini, il colore che fa da sfondo alla vaniglia Boubon del Madagascar sembra impostato con Photoshop.

Pasticceria Gelateria Caffè Vignola, Via G. Maffei 11-13, Solofra (Av)

#7 MARTESANA (+14)

Panettone Martesana

Come gli allenatori schierano per la partita i calciatori più forma, noi abbiamo fatto salire più in alto di ogni altra concittadina la pasticceria della famiglia Santoro. L’abbiamo osservata da vicino, specie nell’ultimo anno, e ci è sembrata la più in forma, per l’appunto.

Elegante fin dalla confezione, arancio e marrone, che ricorda i colori pieni del panettone di Vincenzo Santoro, esibisce una scarpatura (il taglio a croce sulla sommità) perfettamente eseguita.

Panettone artigianale MArtesana

Panettone artigianale pasticceria MArtesana

Ma la scommessa vinta dalla pasticceria Martesana è quella dell’arancia candita, che addolcisce un impasto armonico, non troppo dolce e con retrogusto acidulo, da dove fuoriesce quell’indimenticabile goccia di succo.

Pasticceria Martesana – Via Giovanni Cagliero 14, Milano.

#6 IGINIO MASSARI (-1)

Panettone Massari Panettone artigianale Massari

panettone artigianale iginio massari

Vi sento. Perché –state chiedendo– l’unico panettone dei mondi possibili, quello del maestro Iginio Massari, che avete appena santificato con una lenzuolata degna di un maratoneta della lettura, continua a perdere posizioni da tre edizioni della vostra classifica?

[Leggi Ricetta e segreti per fare in casa il panettone di Iginio Massari, spiegati da Iginio Massari]

Terzo posto nel 2015, quinto l’anno dopo, e ora sesto? Cosa volete dirci brutti infingardoni di Dissapore che non siete altro?

Vogliamo dirvi che Massari, alla bell’età di 75 anni, resta il maestro dei maestri. E però, complici gli impegni moltiplicati che, è presumibile, ne allontanano lo sguardo vigile e quel “palato assoluto” dal laboratorio, qualcosa è cambiato.

Panettone Massari

Panettone Massari

Panettone artigianale Massari

Alcuni audaci pasticcieri che nelle loro camerette hanno appeso il poster di Achille Zoia, classe 1936, artista, pioniere e mago degli impasti nella pasticceria di Cologno Monzese, hanno svecchiato la formula del panettone proiettandolo in una dimensione ancora più estrema di quando Massari ne era l’esegeta indiscusso.

Volete un esempio? Vincenzo Tiri “il tirannico” (nel senso che tiranneggia ogni concorso a cui partecipa, vincendolo) ha introdotto la tripla lievitazione, a cui Massari si è in seguito adeguato. Senza contare che il panettone bresciano, contenuto nello sviluppo verticale ma con il pirottino alto e la glassa a coprire eventuali imperfezioni, è forse più semplice da preparare rispetto a panettoni alti e sviluppati.

Questo non significa che l’apparire della scatola nera, con firma lucida e dorata del maestro bresciano, abbia smesso di provocare la consueta emozione. Sostenuta da fatti concreti e squisiti: il colore giallo oro della mollica, l’alveolatura generosa nella parte centrale e controllata altrove, le mandorle poggiate sulla glassa all’amaretto talmente buone da sembrare un dolce a parte.

Alla fine, spingersi fino a Brescia per comprare questo panettone, vale sempre la pena.

Iginio Massari – Pasticceria Veneto,Via Salvo D’Acquisto, 8 Brescia (BS)

#5 PASTICCERIA PEPE (-3)

Panettone artigianale pasticceria Pepe

Panettone artigianale Pepe

Il tamponamento frontale della cupola (la sommità del panettone), brunita oltremodo, sicuramente dovuto al viaggio, non scalfisce la bellezza di una pasta con tanti piccoli alveoli che sembrano cuciti a mano, tutti, ma proprio tutti, della stessa identica misura. Una trama perfettissima, la più ammaliante di questo panel d’assaggio.

Del resto si parla del titolatissimo Alfonso Pepe, colui che ha ribaltato la geografia del panettone da Milano a Sant’Egidio del Monte Albino, provincia profonda di Salerno, dove ha da poco inaugurato una nuova e più grande pasticceria.

Panettone Pepe

panettone artigianale di pepe monte albino

36 ore di lievitazione (e si sente), l’unica nota deludente riguarda la famosa uvetta australiana a cinque corone, un dolceamaro che tende in modo inoppugnabile all’amaro, molto poco al dolce.

In compenso arrivano gli agrumi, che coprono ogni guaio, tutti insieme uniti, e distinti in ogni sfumatura.

Pasticceria Pepe – Sant’Egidio del Monte Albino (SA), via Nazionale 2/4.

#4 MAURO MORANDIN (stabile)

Panettone artigianale Morandin

Panettone Morandin

Saint-Vincent, Valle D’Aosta. Famoso per il panettone salato al tartufo, quello classico di Mauro Morandin ricorda un pane fragrante a forma (perfetta) di tappo di champagne, sopra cui saresti tentano di mettere un filo d’olio extravergine e origano quanto basta, se non fosse per i profumi di burro di latteria.

“Fossero tutti uguali, i panettoni, non sarebbero artigianali”.

Anche la confezione color tabacco in cartone ruvido, con le iniziali stilizzate e in evidenza, sembra voler marcare la differenza. Se sei l’erede del leggendario Rolando, il caposcuola che ha tirato su un’intera generazione di lievitisti, te lo puoi permettere.

Panettone artigianale Morandin

Panettone Morandin aosta

Panettone pasticceria Morandin

Cilindro con crosta a cupola montata come zabaione, spinta verticale per una lievitazione esplosiva, alveoli regolari di media e piccola dimensione, scorzette di arancia bionda navel di Calabria candita nel suo laboratorio con acqua e zucchero, dalla gradevole persistenza amara nel retrogusto.

Mollica soffice e lieve, come poche altre.

Pasticceria Mauro Morandin  Via Porta Praetoria 3, Aosta
Via Chanoux 105, Saint Vincent (AO)

#3 GINO FABBRI (+4)

Panettone Fabbri

Panettone artigianale Fabbri

Quello di Gino Fabbri, presidente dell’Accademia Maestri Pasticceri Italiani, è un panettone mandorlato aristocratico, con un profumo d’arancia a cui è inutile resistere, e di vaniglia Bourbon, che si fa largo tra uvette particolarmente dolci.

Mandorle e granella di zucchero a pioggia, una pasta soffice carica di burro e morbidezza, che strappata con le dita restituisce un generoso fiocco, così come dev’essere.

Panettone Fabbri

Panettone artigianale Fabbri

La crosta, che s’inserisce con armonica ospitalità, è sottile e aromatica. La porosità della pasta (gli alveoli causati dall’anidride carbonica sviluppata durante la fermentazione), marcata e oblunga, ricorda gli addobbi pendenti e superbi.

Panettone artigianale gino Fabbri bologna

Se riuscite a staccare lo sguardo dal giallo intenso della pasta, fate caso alla delicatezza del miele di sulla, preferito a ogni altro dal grande pasticciere bolognese.

Gino Fabbri Pasticcere, Dolci Artistici – Via Cadriano 27/2, Bologna

#2 PIETRO MACELLARO (+1)

Panettone Macellaro Panettone artigianale MAcellaro

Pietro Macellaro, occhi azzurri e sorriso da bravo ragazzo ormai noti per l’assidua presenza televisiva, fa le cose con grande serietà. Come questo panettone inserito in una bella scatola nera, con i decori che ricordano i campi cilentani.

La sua pasticceria, intesa come stile, e non come il nuovo grande negozio con laboratorio inaugurato da poco, si definisce “agricola”. Il motivo è l’autoproduzione degli ingredienti nel Parco Nazionale del Cilento, alle pendici del Monte Cervati, completata dall’uso di ingredienti nobili come burro di bufala, grano Carosella e miele selvatico.

Panettone artigianale Macellaro

Panettone artigianale Pietro Macellaro

In bella mostra la scarpatura, il taglio a croce praticato prima della lievitazione sulla parte alta del panettone, con qualche piccolo promontorio che spunta fuori malandrino negli angoli. La tessitura della pasta soffice è fitta ma armoniosa, i canditi sono così buoni che ce ne vorrebbero di più.

Finalmente si vede un panettone che fuoriesce bene dal pirottino, prassi ormai desueta. Da provare anche la versione con melanzane candite e pistacchio di Bronte Dop.

Azienda Agricola Pietro Macellaro, via Madonna della Grazie, 28 – Piaggine (SA)

#1 TIRI 1957 (stabile)

panettone artigianale tiri 1957

Panettone TIRI 1957

Vincenzo Tiri, ragazzone dai modi gentili di Acerenza, 2433 anime abbarbicate nella più sperduta provincia di Potenza, è l’incantatore di lieviti più bravo d’Italia. Se Achille Zoia, papà del panettone moderno, non si risente troppo.

E quando sei così chiaramente di un’altra categoria, anche Acerenza è il posto giusto dove nascere, nasci comunque nel posto giusto, nel momento giusto. Cioè quando il mondo è stanco di passato e vuole futuro.

Scontato perciò che Tiri primeggi nella classifica di Dissapore, quest’anno, come l’anno prima e quello prima ancora. È l’ossessione di migliorarsi che lo porta a modificare, alleggerire, ripresentare, portandolo anche quest’anno a superare la vetta più impervia, l’ottomila del panettone.

Sarà per la tripla lievitazione o per la gestione maniacale del lievito madre ma nessun altro riesce a mettere tanta delicatezza, tanta assenza di peso in un impasto.

Se Vincenzo Tiri riesce a nutrire il suo talento con le strutture necessarie per poterlo esprimere senza riserve, sarà lui che detterà ai pasticcieri del mondo, bramosi di conoscere, l’alfabeto del panettone moderno.

Panettone TIRI 1957 Panettone di TIRI 1957

Okay, ma com’è questo panettone? Prosperoso, farine macinate a pietra, uva passa australiana, frutta lucana e calabrese candita in proprio con il metodo della vasca a cielo aperto, burro francese e belga, uova di galline allevate allo stato brado, miele di acacia vaniglia Bourbon, una lavorazione lunga 72 ore.

Vi basta?

Panettone artigianale TIRI 1957Panettone TIRI 1957

Panettone TIRI 1957

È il panettone dei sogni, da Natale fino a Santo Stefano dell’anno dopo.

Tiri 1957Via A.Gramsci, 2/4 Acerenza (Pz).

[CREDIT: FOTO ALFIO BONINA]

L'articolo I 30 panettoni artigianali migliori del 2017 proviene da Dissapore.

Sicilia: i 25 migliori ristoranti del 2017

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Perché Dissapore ha una classifica, peraltro l’ultima dell’anno per la seconda volta consecutiva, sui ristoranti siciliani?  Voglio dire, perché sui ristoranti siciliani e non su quelli toscani, o lombardi, o campani o piemontesi?

La faccio facile: amiamo quell’angolo di terra meraviglioso dove la qualità quotidiana della vita si misura in verdure, olio, pane e quello che mangi tutti i giorni. E se potessimo risolvere il nomadismo stampato nel nostro Dna sarebbe a favore della Sicilia, sudorientale per la precisione.

E per combinazione, abbiamo tra i corrispondenti di Dissapore, Mara Pettignano, ultrà della curva gastronomica sicula, folgorata dalla sua freschezza naïf, fatta di armonia e di persone, anziché personaggi. Nonché conoscitrice piena di savoir faire.Massimo Bernardi

[Sicilia: i migliori 25 ristoranti del 2016]

Ai criteri usati nel 2016 per compilare questa stessa classifica (cucina, servizio, atmosfera, rapporto qualità-prezzo e coerenza), abbiamo aggiunto quello della personalità.

Premiamo il carattere unico dei piatti, penalizzando gli chef siciliani troppo omologati alle decorazioni continentali con l’infestante fogliolina di vene cress (pianta coltivata proprio per le sue foglie edibili). Scherzi a parte, un punto in più alle cucine autentiche, che tradiscono poco orti, allevamenti e mari siciliani.

Ecco allora la classifica dei 25 ristoranti siciliani che ci sono piaciuti di più nel 2017.

25# NON ASSEGNATO

Come d’abitudine, è la posizione che lasciamo ai vostri suggerimenti casomai avessimo dimenticato un ristorante indimenticabile.

24# MARINA DEL NETTUNO, MESSINA – (Nuova entrata)

Chef: PASQUALE CALIRI

Alla meritata fama della cucina domestica messinese fa da contraltare la modesta scena modesta dei ristoranti. Ecco una valida eccezione, questo locale situato sul molo dello Yachting Club cittadino, con Pasquale Caliri ai fornelli.

MArina di Nettuno - Messina

MArina di Nettuno - Messina

Cucina pop con qualche azzardo ma elaborata e dai gusti decisi, che permette tra alti e bassi di mandare a memoria alcuni piatti, in particolare di pesce. Come ad esempio la “grigliata di calamaro su cous cous al nero sotto una cloche di erbe aromatiche”.

Prezzi alla carta tra i 40 e i 75 euro.

Voto: 66/100

Marina del Nettuno – Viale della libertà, Batteria Masotto, Messina Tel. 3472890478

23# ANTICA FILANDA, ROCCA DI CAPRILEONE — MESSINA (Nuova entrata)

Troverete i piatti più autentici dedicati al suino nero siciliano, carne spesso maltrattata nei ristoranti dell’isola, all’Antica Filanda di Capri Leone, in provincia di Messina. Vi piacerà sia alla griglia, cottura che mantiene il sapore selvaggio, sia nella versione più elaborata.

uovo panato

La conformità con gli intenti gastronomici dichiarati è tutto in questo ristorante, non aspettatevi ambientazione o servizio paragonabili agli altri locali di questa classifica. Per mangiare alla carta si spendono tra i 30 e i 70 euro.

Voto: 67/100

Antica Filanda – Contrada da ravioli, Capri Leone (Me) Tel 0941919704

22# CORIA, CALTAGIRONE — CATANIA (- 3)

Chef: COLONNETTA E PATTI

Una stella Michelin. Due cuochi. Cento progetti.

Dal catering alla cucina d’autore, Domenico Colonnetta e Francesco Patti mantengono vivo lo spirito imprenditoriale siciliano grazie al ristorante nel centro storico di Caltagirone, che prende il nome da un amato studioso di gastronomia siciliana.

Meglio sarebbe, a proposito, se rivedessero la squillante mise en place, più adatta a un banchetto nuziale che a un ristorante stellato. E pensare che le due sale sono arredate con sobrietà, non sembra certo di trovarsi nella capitale della ceramica.

Coria

La cucina è fresca e piacevole, come raccontano diversi ottimi piatti, primi tra tutti le “tagliatelle di canapa, salsa al nero di seppia e croccante di pane fritto” o il “capocollo di maialino nero di Sicilia al ginepro”.

I menu degustazione sono tre: Equilibrio, 48 euro; Ragione, 73 euro; infine Effetto, il più complesso, 90 euro.

Coria

Voto: 69/100

Ristorante Coria – Via Infermeria 24, Caltagirone (Ct) Tel 093326596

21# IL BAVAGLINO, TERRASINI — PALERMO (- 13)

Chef: GIUSEPPE COSTA

Intimo, rifugio dei palermitani in cerca di privacy, da poco rinnovato con mano felice che ha portato candide pareti e decorazioni contemporanee.

Il Bavaglino

Il Bavaglino, con un progetto di cucina moderna ma senza strappi eccessivi, basato sul pesce, perde qualche posizione rispetto al 2016, quando ci aveva stupito per sapidità e colori dell’intera sequenza di piatti.

Non andate via senza aver provato l’eleganza salmastra del polpo o il “San Pietro alla finta milanese, spuma di limone, molluschi e chips di panelle”.

Per mangiare alla carta si spendono tra i 50 e i 70 euro.

Il Bavaglino  

Il Bavaglino

Voto: 72/100

Il Bavaglino – Via Benedetto Saputo 20, Terrasini (Pa) Tel 0918682285

20# OTTAVA NOTA, PALERMO (- 6)

Chef: VLADIMIRO FARINA

Bello e moderno come i ristoranti di moda oggi, con una riuscita illuminazione che punta dritto sui tavoli, il ristorante L’ottava nota, nella silenziosa via Butera, vicina al Foro italico, è tra i simboli della rinascita del quartiere Kalsa.

Ottava Nota

La cucina prende le distanze dalla tradizione per concedersi piatti sfiziosi, ben presentati e spesso incentrati sul pesce. Alla carta si spendono tra i 40 e i 70 euro.

Ottava Nota

Voto: 73/100

Ottava Nota – Via Butera, 55, Palermo Tel 091 616 8601

19# LA FENICE, RAGUSA (+ 1)

Chef: CARLO RUTA

Ristorante d’albergo circondato da grandi pareti vetrate che danno sul giardino, fa del servizio in sala un valore aggiunto autentico.

LA FENICE (RAGUSA) – CARLO RUTA

LA FENICE (RAGUSA) – CARLO RUTA

Chiara la linea della cucina: interpretazione audace ma riuscita dei prodotti siciliani, come nel piatto simbolo del ristorante “tagliatelle di gamberi di Mazara con emulsione d’uovo marinato, gelato di frumento affumicato e crostini di focaccia ai pistacchi”.

Non andate via senza provare il “fagotto ripieno di maccheroni al sugo, pomodoro siccagno, tuma, pecorino e uova”. Si mangia alla carta spendendo tra i 50 e i 90 euro.

Voto: 74/100

La Fenice – Via Gandhi, 3 Ragusa Tel 0932 604140

18# VICARI, NOTO — SIRACUSA (Nuova entrata)

Chef: SALVATORE VICARI

Vicino a un luogo amato dai gourmet internazionali come il Caffè Sicilia di Corrado Assenza, il ristorante Vicari, non a caso prediletto dai turisti stranieri che amano mangiare bene, propone due menu degustazione: “in riva al mediterraneo” di 7 portate, a 65 euro e “dalla masseria al golfo”, meno complesso del primo, a un prezzo più accessibile.

Per entrambi c’è la possibilità di abbinare vini al calice.

Salvatore Vicari, chef e giovane proprietario del locale, punta a una cucina senza fuochi d’artificio, semplice e gustosa, che i cultori degli ingredienti raffinati apprezzano per la ricerca, e per di più presentata in modo originale. Come nel piatto più riuscito del menu: “uovo di gallina in macco di fave e tartufo di Palazzolo”.

Voto: 74/100

Ristorante Vicari – Via Ronco Bernardo Leanti 9, Noto (sr) Tel 0931839322

17# SABIR GOURMANDERIE, ZAFFERANA ETNEA — CATANIA (Nuova entrata)

Chef: SEBY SORBELLO

Flemma e ironia tipiche di questo versante dell’Etna, ma anche voglia di crescere a migliorarsi. Spicca il pavimento in marmo frequente nelle case patronali della zona, nel bel ristorante che prende il nome da un idioma antico parlato nei porti del Mediterraneo.

Sabir - Seby Sorbello

Sabir - Seby Sorbello

Seby Sorbello, erede di una famiglia di ristoratori, è uno chef preparato che non vuole rinunciare al calore della cucina mediterranea. Le prove disseminate nel menu si chiamano “crocchette di zucca con crudo di erbe spontanee” –erbe del vulcano come la calicella– “guancetta di vitello” o anche “battuta d’asina con insalata di porcini”.

Carta dei vini profonda con l’Etna ancora protagonista, e menu degustazione in cinque portate che cambia nome e proposte a seconda delle stagioni, ma costa sempre 45 euro.
Sabir - Seby Sorbello

Sabir - Seby Sorbello
Voto: 75/100

Sabir Gourmanderie – Via delle Ginestre 1, Zafferana Etnea (CT) Tel 095 708 2335

16# DON CAMILLO, SIRACUSA (Nuova entrata)

Chef: GIOVANNI GUARNERI

Soffitti a volta lungo le vie di Ortigia, meraviglioso centro storico di Siracusa, malato di modernità gastronomica e saturo di offerta turistica.

Don Camillo è altro fin dall’ingresso, e soprattutto nella sala che si distingue non tanto per quel che serve ma per come lo serve.

Don Camillo - Siracusa

Don Camillo - Siracusa

Ora, visto il servizio premuroso e numeroso, oltre alla ricca cantina a vista, ci si aspetterebbe una cucina classicheggiante o comunque poco avventurosa.

Non è così. Lo stile di Giovanni Guarneri è istintivo e libero, anche di interpretare “arancino della monaca” alla maniera antica,  immerso in una salsa agrodolce di pomodoro datterino da mangiare al cucchiaio. E non come un moderno street-food.

Don Camillo - Siracusa

Don Camillo - Siracusa

E poi ci sono i dolci, veraci e a denominazione di origine siciliana, per esempio la cuccìa, a base di grano bollito e ricotta di pecora, che si prepara nel giorno di Santa Lucia, patrona di Siracusa.

Il menu da 8 portate chiamato “gran degustazione di pesce” costa 70 euro.

Don Camillo - Siracusa

Don Camillo - Siracusa

Voto: 75/100

Don Camillo – Via della Maestranza 96, Siracusa Tel 093167133

15# IL CARATO, CATANIA (+ 7)

Chef: CARLO SICHEL

Passano gli anni ma invecchiando Il Carato migliora, come i vini importanti. La cucina di Carlo Sichel convince siciliani e catanesi per la sua anima visceralmente tradizionale, molto più che per la zona in cui si trova il ristorante.

Servizio semplice ma cordiale, con lo chef che esce spesso dalla cucina per spiegare i piatti nei dettagli.

I suoi risotti sono una garanzia assoluta, in particolare “risotto fumo” e “risotto con le quaglie”, potete provarli entrambi senza grazie alle ormai desuete –ahinoi– mezze porzioni.

Alla carta si spendono tra i 35 e i 50 euro.

CArlo Sichel - Il Carato

CArlo Sichel - Il Carato

CArlo Sichel - Il Carato
Voto: 76/100

Il Carato – Via Marchese di Casalotto 103, Catania Tel 330292404

14# AL FOGHER, PIAZZA ARMERINA – ENNA (+ 3)

Chef: ANGELO TRENO

Al Fogher - Piazza Armerina

Proprio quando pensate di esservi persi per le strade buie e deserte che costeggiano i boschi di Piazza Armerina, la luce proveniente da una piccola villa vi riaccenderà le speranze: potete parcheggiare e scendere dall’auto tranquilli, niente lupi nel circondario. Siete finalmente al Fogher.

Dopo tanta strada, che altri appassionati come voi si sono sobbarcati volentieri pur di arrivare, i legni e la sala accogliente s’intoneranno con i vostri desideri.

Al Fogher - Piazza Armerina

Al Fogher - Piazza Armerina

La cucina elaborata si presenta bene con “uovo ancestrale” e continua meglio grazie alla “coscetta di faraona ai sentori di brace, su mattonella di frascatola, salsa di fichidindia e polvere di liquirizia”.

Cotture e consistenze non sono sempre perfette, ma in genere i piatti generosi d’ingredienti, sono una scoperta. Il menu “degustazione dello chef” prevede 6 portate e costa 75 euro.

Voto: 77/100

Al Fogher – Viale Conte Ruggero (exSS 117 bis) – Contrada Bellia, incrocio SS 288 per Aidone, Piazza Armerina (EN) Tel 0935 684123

13# VOTAVOTA, MARINA DI RAGUSA (+ 2)

Chef: CAUSARANO E COLOMBO

Se un ristorante temporaneo è riuscito a entrare nella classifica del 2016, figuriamoci la sua versione stabile.

Okay, spieghiamo meglio. Il Votavota di Sampieri resta stagionale, ma raddoppia con un nuovo locale a Marina di Ragusa, sul lungomare, dove un tempo c’era la trattoria di Alberto “il mago del pesce”.

Ampia la sala, arredata con tavoli rotondi di ogni misura, e immensa la cucina a vista dove uniscono le forze due chef: Giuseppe Causarano e Antonio Colombo, bravi a fare dei piatti interpretazioni gustose e leggere spesso ispirate dalla prossimità del mare.

Non perdete per nessuna ragione “il tappo sa di vino” ovvero il predessert, dolce di passaggio di solito considerato figlio di un Dio minore, che qui non passa inosservato.

tappo vino

vino

Voto: 77/100

Votavota – Lungomare Andrea Doria, 48, Marina di Ragusa (Rg) Tel 334 142 6962

12# QQUCINAQUI, CATANIA (- 1)

Chef: BIANCA CELANO

Obbligatorio per chi passa dal centro di Catania entrare nel loft di Bianca Celano, con il tanto criticato tavolo social che però, se sta bene a lei, figurarsi a noi.

Bianca Celano

Anche perché alla creatività inesauribile dei piatti del Qqucinaqui si è aggiunta una maturità sorprendente, che rende il menù estivo irresistibile dall’inizio alla fine. Specie nello “sgombro, infuso di ciliegia, mela e sedano”, audace e raffinato.

Un po’ sottotono alcuni piatti del menù invernale, specie per i tocchi inutilmente decorativi. Molto meglio la vulcanica crema di mandorle e fonduta.

Il costo dei due menu degustazione, “mare” e “terra”, è di 45 e 55 euro.

menu degustazione mare e terra

Voto: 78/100

Qqucinqui – Via Umberto I 229, Catania Tel 3394986969

11# SHALAI, LINGUAGLOSSA — CATANIA (+ 5)

Chef: GIOVANNI SANTORO

Palazzo signorile dell’Ottocento, sala bomboniera, silenzio, elegante interpretazione della cucina etnea.

Shalai - Linguaglossa

Shalai - Linguaglossa

Shalai - Linguaglossa

Per esempio, la “vitellina a punta di coltello su fonduta di formaggi e affumicatura”, piccolo manifesto della cucina di Giovanni Santoro, è un assemblaggio intelligente di ingredienti doc siciliani, da gustare prima con la forchetta poi affondando il cucchiaio nella fonduta.

Rispetto al passato Leonardo Pennisi, titolare di Shalai, è affiancato da un nuovo maitre che vi guiderà con sicurezza nella scelta delle portate. I menu degustazione sono “terra”: 7 portate per 80 euro, preferibile all’altro, ovvero “mare”: 6 portate al costo di  90 euro.

Voto: 78/100

Shalai – Via Guglielmo Marconi 25, Linguaglossa (CT) Tel 095 643128

10# IL CROCIFISSO, NOTO — SIRACUSA (+ 2)

Chef: MARCO BAGLIERI

Il ristorante che a forza di crescere ogni anno accontenta ormai i mangiatori assidui e volubili come noi, si trova nella parte alta del centro storico di Noto.

Il Crocifisso è arredato con buon gusto, che non significa ricerca esasperata del minimalismo continentale (i ristoratori isolani se lo ricordino), ma è la personalità della linea di cucina dettata da Marco Baglieri a fare la differenza. Chi altri (se non forse Tony Lo Coco de I pupi di Bagheria) terrebbe sul menu un piatto come “lasagne broccoli e patate” così evocative delle scacce locali?

25ristoranti Crocifisso di Noto

25ristoranti, Crocifisso di Noto

Il sommelier suggerisce un insolito cocktail d’apertura al posto delle bollicine, e in chiusura un ottimo vermut al posto del solito passito.

Chi sceglie il menu degustazione in cinque portate, che costa 50 euro vini esclusi, incontra lungo il percorso uno dei piatti più riusciti dello chef: “pane panelle e gambero rosso”.

Crocifisso di Noto

25ristoranti, Crocifisso di Noto

Voto: 79/100

Il Crocifisso – Via Principe Umberto 46, Noto (Sr) Tel 0931571151

09# BYE BYE BLUES, MONDELLO — PALERMO (- 2)

Chef: PATRIZIA DI BENEDETTO

Contrasti forti: la malinconia del mare d’inverno di Mondello e la gioiosità della “ricciola in crosta di olive nocellare” di Patrizia Di Benedetto. Se il confronto non vi è parso azzardato, tenetelo a mente capitando fuori stagione nel ristorante minimalista della donna chef che primeggia in Sicilia.

Mondello - Palermo 

Bye Bye - Palermo

Mondello - Palermo

Troverete minimalismo anche nei piatti del Bye bye blues, che Patrizia confeziona guardando a oriente senza tradire negli ingredienti l’imprinting siciliano, come nei “cavatelli neri in salsa di mare e schiuma di ricci”. Alla carta si spendono tra i 45 e i 75 euro.

Voto: 80/100

Bye Bye Blues – Via del Garofalo 23, Palermo Tel 091 684 1415

08# L’OSTE E IL SACRESTANO, LICATA — AGRIGENTO (+ 2)

Chef: PEPPE BONSIGNORE

Peppe Bonsignore de L’oste e il Sacrestano è oste oltre che cuoco, pretende il contatto con gli avventori. Ne osserva i primi bocconi e si sente pacificato se il responso è positivo. Altrimenti, non ci dorme la notte.

L'Oste e il sagrestano

Pochi coperti, tavoli e sedie da trattoria, o meglio, da osteria, prezzi abbordabili con il menu di 6 portate “Peppe fai tu” a 55 euro.

Cucina autodidatta, siciliana doc nei sapori e nei colori quella di Bonsignore, personalità delicata che riesce a non  tradire il passato, con l’ausilio dei campi e del mare di Licata.

Oste e il sagrestano

Da provare “crudo di gambero rosso” e la sarda avvolta da un’impanatura strabiliante. Sapori autentici davvero in questa gran tavola siciliana nascosta dietro l’angolo.

Voto: 80/100

L’oste e il sacrestano – Via Sant’Andrea 19, Licata (Ag) Tel 0922774736

07# LA CAPINERA, TAORMINA — MESSINA (- 1)

Chef: PIETRO D’AGOSTINO

Cucina estrosa con il pesce in primo piano quella di Pietro d’Agostino –ricercatore ossessivo di ingredienti originali– che per la Sicilia orientale rappresenta una certezza.

Ma La capinera perde una posizione rispetto al 2016, e anche un po’ di personalità, a causa di alcune scelte consapevoli prese durante la recente ristrutturazione, come la sparizione dei tovagliati o gli impiattamenti inutilmente leziosi.

Il servizio estivo in terrazza resta un piacere assoluto. Alla carta si spendono tra i 60 e 100 euro.

La Capinera - Taormina

La Capinera - Taormina

Voto: 81/100

La Capinera – Via Nazionale 177, Taormina (Me) Tel 338 158 8013

06# ACCURSIO, MODICA – RAGUSA (+ 3)

Chef: ACCURSIO CRAPARO

Sei tavoli per un massimo di trenta coperti in un palazzo nobiliare al centro di Modica, la città del cioccolato, in una sala che richiama l’intimità di una casa privata.

Accursio

La cucina di Accursio è originale, perfino troppo in qualche sporadico piatto, ma riesce a sorprendere in quelli a base di carciofo, o nella “spremuta di Sicilia” (spaghetti con crema di acciuga, finocchietto selvatico e cipollotto) e in un nuovo piatto di pasta: i “trucioli con ragusano, capperi limone e cereali tostati al velo di pasta con coniglio, porcini, cicoria e lenticchie”.

Il servizio formale è alleggerito dalla supervisione dello stesso Accursio, i menu degustazioni sono impegnativi come il loro costo. In Sicilia i 100 euro di quello più ampio si pagano di solito in un ristorante con due stelle.

Accursio

Accursio

Voto: 83/100

Accursio – Via Clemente Grimaldi 41, Modica (Rg) Tel 0932 941689

05# I PUPI, BAGHERIA – PALERMO (Stabile)

Chef: TONY LO COCO

Questo per I Pupi, piccolo ristorante di Bagheria, è stato un anno di novità, con alcune modifiche agli arredi e l’arrivo di Claudio D’Alessandro, sommelier che ha elevato il tono della sala con i tavoli in cristallo e il pavimento in pietra lavica.

La cucina di Tony Lo Coco resta libera dai formalismi specie nello spettacolare percorso “street food” in sei portate, tutte interpretazioni virtuose della tradizione isolana come la meravigliosa “stigghiola di tonno” (in origine un piatto tipico a base di interiora).

Un momento di piacere genuino difficile da trovare altrove.

Ancora: si passa per le vie di Palermo con “l’arrascaturi” e ci si siede idealmente al tavolo delle famiglie con gli “anelletti al forno”.

Quest’anno i prezzi sono leggermente aumentati, ma si può optare per il menu degustazione da tre portate che a 35 euro resta il più economico tra i ristoranti stellati siciliani.

Voto: 85/100

I Pupi – Via del Cavaliere 59, Bagheria (Pa) Tel 091 902579

04# PRINCIPE DI CERAMI, TAORMINA – MESSINA (- 3)

Chef: MASSIMO MANTARRO

Massimo Mantarro - Principe di Cerami

Dentro un convento trasformato fin dal 1896 in albergo dove oggi pernottano sfarzosamente sceicchi e milionari, il ristorante del Principe di Cerami mantiene l’opulenza e il servizio del posto più chic dell’isola, e molte possibilità di scelta, dal meraviglioso carrello dei formaggi alla carta dell’acqua, fino alla sconfinata varietà dei pani.

Quando fa caldo la terrazza offre refrigerio e una vista incantata su Taormina, in inverno tende, moquette e rivestimenti vi faranno sentire al centro di una favola. Il “calamaretto di paranza con patate e pomodori datterini alla ghiotta messinese” è il piatto da non mancare.

E ancora: giacca obbligatoria per gli uomini, carta di credito richiesta alla prenotazione, menu degustazione da duecento euro con abbinamento vini, il più costoso di Sicilia.

Per il Principe di Cerami questo è un anno di transizione: è stata appena avviata una ristrutturazione che trasformerà l’albergo in hotel stagionale, sempre con standard elevati.

Massimo Mantarro - Principe di Cerami

Massimo Mantarro - Principe di Cerami

Massimo Mantarro - Principe di Cerami

Voto: 88/100

Principe di Cerami – Piazza San Domenico 5, Taormina (Me) Tel 0942 613111

03# LOCANDA DON SERAFINO, RAGUSA (- 1)

Chef: VINCENZO CANDIANO

All’interno di una grotta in parte naturale, in parte scavata nella pietra (timpa da queste parti) dell’antica Ibla, si trova Locanda Don Serafino, ristorante due stelle Michelin di proprietà dei fratelli La Rosa, che scegliendo quel nome hanno voluto ricordare il padre, ristoratore per una vita nella vicina Marina di Ragusa che, si vocifera, di Ragusa Ibla non volesse saperne.

Don Serafino

Mangiare alla carta costa tra 80 e 160 euro, ma i costi possono crescere a dismisura visto che, probabilmente, nel ristorante si trova la migliore cantina siciliana, gestita con passione da uno dei fratelli La Rosa coadiuvato dallo stesso sommelier fin dal 2003.

Un’altra meraviglia del posto è la cucina dello chef Vincenzo Candiano, che unisce semplicità, nel senso di sapori nitidi ma tenaci, e impronta personale. Gli “spaghetti freschi neri con ricci, ricotta e seppia” sommano il meglio della produzione isolana, se amate i dolci ricordate di provare “i peccati di Montezuma”.

Candiano

Voto: 89/100

Locanda Don Serafino – Via Avvocato Giovanni Ottaviano 13, Ragusa Tel 0932 248778

02# IL DUOMO, RAGUSA IBLA (+ 1)

Chef: CICCIO SULTANO

Nato a Torino il 16 febbraio 1970 ma siciliano in tutti i nervi e le ossa, Ciccio Sultano parla così di se stesso:

“Ristorante Duomo, Ragusa Ibla, cuore del barocco. Palazzo La Rocca di Sant’Ippolito, uno dei palazzi per cui la Val di Noto è stata riconosciuta dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. E dunque, IO faccio parte di un pezzo di patrimonio”.

Ego egemonico, Sultano si rispecchia in un ristorante dall’eleganza ricercata dove il barocco, miracolosamente, non è mai troppo.

Duomo di Ciccio sultano

Duomo di Ciccio sultano

La cucina può sembrare spregiudicata, come nel “menù caleidoscopico”, ma in altri momenti rigorosa, a volte caratterizzata dall’improvvisazione altre studiata fino ai dettagli più piccoli. Insomma, la cucina di Ciccio Sultano in una parola è libera.

Il costo del menu degustazione di sette portate con abbinamento vini è di 195 euro, ma nel periodo che ha preceduto il Natale, con venti euro in più si serviva lo stesso menu al secondo commensale.

Duomo di Ciccio sultano

Voto: 91/100

Il Duomo – Via Capitano Bocchieri 31, Ragusa Tel 0932 651265

01# LA MADIA, LICATA – AGRIGENTO (+ 3)

Chef: PINO CUTTAIA

Il sud arriva, dategli tempo. Uno come Pino Cuttaia è un eroe… essendo là”. (Massimo Bottura sull’assenza di un ristorante tre stelle Michelin al Sud).

“Lá” è Licata, provincia di Agrigento, e Cuttaia dobbiamo considerarlo un eroe?

Chiedere allo chef de La Madia perché resta a Licata nonostante talento e coraggio non gli difettino, significa non comprendere il legame paranoico dei siciliani con la loro terra. Che fa superare le difficoltà, a volte davvero eroiche, di restare.

Cuttaia

Ma non è questo il motivo per cui La Madia nel 2017 conquista il primo posto della classifica.

O meglio, i gradi di comandante Cuttaia non li prende solo per aver costruito la sua corazzata nella stramba Licata, ma perché oggi La Madia è perfettamente in grado di rappresentarlo, che si trovi lì o in qualunque altra parte del mondo.

Cuttaia ha messo a punto tecniche da vero illusionista, riesce a smontare e rimontare i classici instillando il suo codice personale, come nel “cocktail di gamberi”. Oppure stupisce replicando l’incanto della natura siciliana come nel recente omaggio alla “scala dei turchi”, la scogliera bianca in provincia di Agrigento ricreata con una sfoglia di calamaro trasparente ripiena di crema di ricci, nascosta da una spuma all’acqua di mare.

I menu degustazione sono tre e corrispondono ad altrettanti viaggi nella sua cucina: “per le scale di Sicilia” che costa 95 euro, l'”illusione”, e infine  “il mare inaspettato” il menu più complesso, che costa 130 euro.

Cuttaia

Quanto all’ambiente, se fino all’anno scorso lo chef sembrava un po’ fuori posto in quel luogo così neutro, oggi possiamo dire che l’assenza di particolari contribuisce a concentrarsi sui piatti e su uno chef che ama raccontarli come un cantastorie, senza bisogno di comparse nel servizio.

Per dire, a La Madia basta Vincenzino.

Cuttaia

Cuttaia

Voto: 92/100

La Madia – Corso Re Capriata F. 22, Licata (Ag) Tel 0922 771443

[CREDIT – FOTO ALFIO BONINA]

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Cannoli siciliani: meglio Dattilo o Piana degli Albanesi?

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Meglio la ricotta grezza, o comunque poco lavorata? Meglio invece quella zuccherata, magari con l’aggiunta dei canditi? Oppure solo con le gocce di cioccolato? Ore di discussioni su quali siano i migliori, e poi, nel fine settimana, i palermitani si mettono in auto alla volta di Dattilo o Piana degli Albanesi.

Obiettivo? Ma i migliori cannoli siciliani, ovviamente.

[Cannoli: ricetta autenticamente siciliana]

Intendiamoci, il capoluogo non snobba i cannoli locali, ma per una bagno di autenticità i palermitani sanno di doversi spostare nei dintorni, dove si trova il meglio. Sono cannoli che portano il nome del luogo in cui si preparano, scegliere gli uni o gli altri rafforza amicizie o divide per generazioni, crea caste e sub-caste, rimanda a visioni della vita incompatibili tra loro come Pd e M5S.

Meglio Dattilo o Piana degli Albanesi?

DATTILO (EUROBAR)

Dove sarà mai questa Dattilo?

Frazione di Paceco, da cui dista nove chilometri circa, in provincia di Trapani. Paesino che fa da spartiacque tra città e campagna, una parrocchia, nessuna banca, una farmacia. Seicento abitanti, forse meno. Trecento edifici circa, uno dopo l’altro, singoli e a un piano, costeggiano la strada insieme ai marciapiedi.

Le facciate chiare marcano la sensazione di secco e arso, i tetti piatti riflettono gli impietosi raggi del sole, se in Sicilia ci fosse il deserto, probabilmente si troverebbe qui. Dove regna il nulla del fruttivendolo ambulante o del finestrino rotto di un’auto parcheggiata da una vita. Ma dove si trovano i cannoli siciliani dell’Eurobar.

Quando arrivate sul posto le indicazioni del navigatore non servono, lo trovate sulla strada. Il rum da pasticceria profuma l’interno. Esposte in vetrina ci sono pesche e patate, che non sono né frutti né ortaggi, ma dolci che ne ricordano forme e colori. Mancano invece i cannoli. Come perché? Su, non fate i dilettanti, i cannoli di Dattilo (come tutti quelli seri) vengono riempiti al momento.

[L’Euro bar spedisce i cannoli di Dattilo, questo post può cambiarvi la vita]

Il titolare è un uomo di mezza età, senza capelli ma con l’orgoglio che riempie lo sguardo. La madre è una donna ancora giovane, che se ne sta quasi sempre nel retrobottega, poco tentata da eventuali storytelling.

Quanto ai clienti, per lo più palermitani, hanno in comune una cosa: il dubbio. Quanti cannoli comprare, o meglio: quanti da mangiare sul posto e quanti da portare via. Sembra una banalità, ma il numero consono è un cruccio vero per chi viene all’Eurobar, in cui s’ingarbugliano coppie, gruppi e persone di ogni età.

Che dubbi sulla bontà dei cannoli, però, non ne hanno, visto che li sbranano con tutta la goduria di questo mondo.

A noi ne basta uno, per capire com’è il cannolo di Dattilo: 200 grammi in tutto (30 di guscio e 170 di ricotta) presentato su un vassoio dopo essere stato riempito all’impronta.

Cialda impastata con aceto e olio di oliva, fritta nello strutto e spolverata di zucchero a velo senza risparmio. La frittura non lascia sapori, la scorza, croccante e sottile, è piena di piccole bolle. L’aspetto è tentatore, insomma.

Alle estremità, dalle bocche generose, prorompe una ricotta grezza più che mai, fatta in zona Segesta e condita con gocce di cioccolato nerissime, appena zuccherata e poco sapida.

Meno famoso ma spesso paragonato al cannolo di Dattilo, è quello di Napola, frazione del comune di Erice, che da Dattilo dista di pochi chilometri.

Nei cannoli siciliani di Napola, dalla ricetta segretissima, le bolle sono vaporose, la scorza più tenace, forse troppo, a tratti pure un po’ dura. Per contro la ricotta è dolce e saporita, sebbene poco lavorata. Il sapore delle gocce di cioccolato si sente meno. Costano due euro l’uno.

PIANA DEGLI ALBANESI (Hora e Arbëreshëvet)

Arrivati in questo curioso angolo di Sicilia non si può fare a meno di notare la doppia lingua delle insegne. L’italiano (è ovvio, direte), e un idioma antico: albanese pre-ottomano. Gli anziani della piazza lo parlano con tanta naturalezza che viene da pensare a un dialetto siculo.

[Guida completa ai cannoli siciliani superstar dell’estate]

Ma un dialetto non è. È la lingua che non parlano più neanche in Albania, ormai, ma in questo posto sì, e da seicento anni. Per i residenti è la lingua più dolce del mondo.

Quanto ai cannoli, loro restano cannoli in tutte le lingue (menomale), e andarsene a Piana senza mangiarli, significa non esserci stati.

Il profumo che si respira nella prima piazza, presidiata dagli anziani del paese e da un nugolo di moto parcheggiate, non dà adito a dubbi: è strutto fritto, è il profumo dei cannoli siciliani fatti in casa.

Nella piazza infatti c’è il laboratorio dell’ExtraBar, il primo bar che s’incontra a Piana, ma identico profumo arriva dal bar Cuccia, dal bar Di Noto, dall’Antico bar dello Sport.

Nel laboratorio s’impastano le cialde con farina, strutto, vino e uovo nella giuntura. Alle estremità dei cannoli si trovano le enormi bocche colme di ricotta setacciata con zucchero e miele. La ricotta è locale, proviene dai pascoli dell’unico monte che si vede dal centro del paese alzando lo sguardo.

Ne vengono fuori cannoli dal peso medio di 180 grammi, ma che, credeteci, possono raggiungere anche due chili.

Il costo varia con il peso. Spendete comunque a cuor leggero perché come si dice a Palermo “beddi i cannola di cannaluari, e biniditti su spisi li dinari.”

GIUDIZIO FINALE

Vince Piana degli Albanesi. Senza discussioni.

I cannoli di Dattilo hanno un aspetto irresistibile, gli snob che storcono la bocca se la ricotta è troppo dolce e il fritto della scorza marcato, li preferiscono. È paradossale, visto che parliamo di cannoli, ma sono per chi è misurato anche negli eccessi.

[Non sono disposta a discutere la schiacciante superiorità della pasticceria siciliana]

Ma non c’è snob che tenga. Fritto e dolcezza sono requisiti dei cannoli siciliani autentici e fatti a regola d’arte. Per questo preferiamo i cannoli di Piana. Okay, chiamatela passione per il fritto, insana e un po’ kitch, ma che dà molto piacere.

Come la farcia di ricotta da pasticceria, della cui dolcezza, come tutti i kitschisti, un po’ ci vergognamo. Ma come si gode!

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Sarde a beccafico: ricetta autentica

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Le cose dove sono sono, e lì le vogliamo lasciare. In passato non abbiamo avuto remore ad attribuire a Palermo la paternità della pasta con le sarde, nessuna esitazione anche a riconoscere la schiacciante superiorità della cassata siciliana preparata nel capoluogo siciliano.

Ma sull’origine delle sarde a beccafico — amici palermitani fatevene una ragione — nutriamo più di un dubbio. Nonostante la ricetta palermitana sia più conosciuta rispetto alla versione catanese, diversa negli ingredienti, nella cottura, persino nella forma finale, e nonostante i palermitani se ne facciano gran vanto (come al solito).

[Pasta con le sarde: una guida completa]

Vediamo un pò: il piatto è un omaggio all’uccelletto buongustaio, il beccafico appunto, ghiottissimo di fichi maturi.

PALERMO

A Palermo la ricetta delle sarde a beccafico prevede una sola sarda arrotolata o a barchetta. Facevano così nelle tavole povere per imitare prelibate pietanze nobiliari, si fa così ancora oggi. Del resto, l’atteggiamento del nobile è coltivato dai palermitani più ancora del cibo nobile.

CATANIA

A Catania si rappresenta l’uccelletto nel momento più vispo, cioè quando becca il fico. Anche in questo caso sembra esserci una spiegazione: il senso dei catanesi per la grande abbuffata, il piacere di riempirsi la pancia. Non a caso, la ricetta prevede due sarde, perché con una sola: chi becca, e chi fa il fico?

Chiarita la differenza, nella speranza di risollevare la sarda palermitana dalla sua solitudine, procediamo preparando la più allegra (e autentica) ricetta catanese delle sarde a beccafico, la ricetta autentica.

Ingredienti originali

  • 1 chilo di sarde fresche
  • 100 grammi di pangrattato
  • 100 grammi di pecorino
  • un trito di aglio e prezzemolo
  • 5 uova sbattute (tre per la farcia e due per passare nell’uovo le sarde)
  • 100 grammi di farina bianca
  • una scodellino di aceto forte
  • olio di oliva
  • sale e pepe

Preparazione

Per preparare la ricetta delle sarde a beccafico autentiche acquistate un chilo di sarde freschissime. La primavera è il periodo giusto.

Privatele della testa e della lisca con delicatezza, dal basso verso l’altro. Se non siete di quelli che ‘il pesce me lo pulisco da solo’, fatele deliscare dal pescivendolo di fiducia, anche per evitare che l’odore vi resti tra le mani per una settimana.

Mettete le sarde a macerare nell’aceto rosso in modo che copra del tutto i pesci. Fatelo ora, mentre leggete. Noi vi aspettiamo.

sarde a beccafico

Il bagno nell’aceto serve a eliminare le squame, che si scioglieranno in maniera naturale e delicata, senza torturare le carni. Serve inoltre a insaporire le sarde, attenuandone il sapore selvaggio.

A conti fatti, l’ammollo deve durare fino a quando le sarde non diventano bianche, venti minuti circa, massimo mezz’ora, ma non deve andare oltre, altrimenti il pesce si sfalda del tutto.

Preparate il composto. Sbattete 3 uova, insaporite con sale e pepe, quindi unite il trito di prezzemolo e aglio e il pangrattato. Aggiungete il pecorino, se non amate i sapori troppo forti sceglietene uno non troppo stagionato.

Lavorate il composto e formate delle polpettine allungate. Devono avere la stessa forma della sarda aperta, “a linguata”, ma più strette ai bordi e ben spesse, in modo da formare la pancia delle sarde a beccafico.

composto per sarde a beccafico

A questo punto scolate le sarde.

Prendetene una e fatela aderire nella mano, poggiate la polpettina e chiudete con l’altra sarda “a chiappa”, (o a la clap se volete bullarvi di conoscere l’antico provenzale) cercando di sigillare i bordi più che potete, ma senza fare drammi se non ci riuscite: l’uovo e la panatura vi aiuteranno a chiudere le sarde come si deve.

Quanto alle code, se siete pazienti e avete la fissa di presentare bene i vostri piatti, fate in modo che coincidano una sull’altra, visto che la coda del beccafico una è.

code delle sarde

sarde a beccafico

sarde a beccafico

Sbattete le uova e procedete alla panatura come per la classica cotoletta. Farina o pangrattato?

Il pangrattato viene usato in diverse ricette di cucina siciliana, ma in questo caso userete la farina, avendo cura di panare, oltre fronte e retro, anche le parti laterali delle sarde.

sarde

Sarde a beccafico la panatura

Fate friggere in abbondante olio extravergine d’oliva caldo per pochi minuti. Salatele.

Potete servire le sarde a beccafico calde o fredde.

Varianti

Si assiste spesso, di recente, all’aggiunta nella ricetta catanese delle sarde a beccafico di uva passa e pinoli, ingredienti della versione palermitana che poco hanno a che fare col classico condimento alla siciliana, che ha i suoi baluardi in tre ingredienti: pecorino, uova e mollica. Se aggiunta deve esserci, allora meglio quella salata di olive verdi e capperi.

Altra intromissione, anzi sostituzione arbitraria: al posto delle sarde i masculini (le alici), considerati meno grassi e più gustosi. Ma date le piccole dimensioni ottenere lo stesso risultato è molto complicato. Le sarde a beccafico sono un secondo piatto e non un antipasto: l’utilizzo delle sarde è più coerente con una portata ricca e sostanziosa.

Dove mangiare le sarde a beccafico autentiche a Catania

La Siciliana

I ristoranti tradizionali e intramontabili, con le pareti in legno tappezzate dai piatti del buon ricordo di tutta Italia, esistono ancora, per fortuna. A La siciliana, le tendine gialle a misura delle piccole vetrate concedono intimità e protezione dal caos della circonvallazione. Il classico ristorante che deve restare com’è, immobile nel tempo, senza cedere a mode o minimalismi.

Servizio disinvolto e comunque corretto, la cucina di formazione è amata dai nonni che si portano i nipoti in attesa che, una volta cresciuti, ricambino il favore.

Il locale ha fatto la storia della ristorazione catanese, brevettando piatti che ne sono diventati il simbolo, uno per tutti il leggendario ripiddu nivicatu. Ancora oggi, a cinquant’anni di distanza, La Siciliana fa sempre il pienone, nonostante i prezzi non proprio accessibili.

Nel menu sono sempre presenti le sarde a beccafico, nella versione personale del titolare, il signor La Rosa, con aggiunta di olive verdi e capperi nel ripieno. Piatto del buon ricordo di trent’anni fa, vengono accompagnati allora come oggi da una salsa ai peperoni che dona freschezza alla pietanza.

Tra i dolci, tutti buoni, vi consigliamo la crostata con crema e fragole e la classica panna cotta.

Tortino di Alici

Da Aldo

Troppo demodè per diventare un indirizzo cult, è tra le ultime vere trattorie di Catania.

Accanto alla popolare fera ‘o luni, accoglie i clienti con una foto invecchiata del titolare e una porta che introduce a ripidi scalini, e finalmente alla sala, rustica, con le pareti color frassino.

Trattoria da Aldo - Catania

È frequentato da clienti devoti, non semplicemente affezionati, che chiedono a Aldo di preparare un piatto sostanzioso adatto a loro. Magari il “solito” ma a volte anche la novità del giorno. Qui infatti tutto è fuori menu perché il menu non esiste.

La cucina è casalinga, la pasta fin troppo, si possono scegliere le sarde a beccafico fritte o fatte arrosto, ma in questa caso Aldo vi chiederà se fate la dieta, siete avvisati. Prezzi al buio ma non sconvenienti, come la ‘mappina’ che di solito il titolare porta sulla spalla destra.

Consigliati i secondi piatti, tutti buoni, compresi quelli cucinati al momento. Tra i dolci sono da preferire le pere al forno con vino cotto. Dolce da stella Michelin.

INFORMAZIONI

Ristorante La Siciliana
Viale Marco Polo 52/a
CATANIA

Telefono: 095 376400

Trattoria Da Aldo
Piazza Giuseppe Sciuti, 2
CATANIA

Telefono:095 311158
Apertura: solo a pranzo

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Il Duomo di Ciccio Sultano, appena rinnovato, piatto per piatto

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“Dunque…” (dunque è l’intercalare usato nove volte su dieci da Franco Sultano detto “Ciccio” per iniziare, collegare o cambiare discorso).

Dunque —dicevamo— per chi non lo conoscesse —qualcuno non lo conosce?— Ciccio Sultano è lo chef proprietario del Duomo, 2 stelle Michelin, self-made man della cucina stellata partito come garzone di pasticceria e oggi alla testa di un piccolo impero a Ragusa Ibla, cittadina barocca “benedetta” dal successo televisivo del commissario Montalbano.

Da poco acquistati e ristrutturati i locali del palazzetto che dal 2000 ospita il ristorante —palazzo La Rocca, set dell’indimenticato “Divorzio all’italiana” di Pietro Germi— Sultano ha ritoccato anche il menu. Scopriamo insieme —dunque— com’è ora il Duomo, così chiamato perché a pochi passi dal Duomo di San Giorgio.

Design e ambiente

Il Duomo di Ciccio Sultano

Il progetto di Fabrizio Foti punta su un lusso misurato, all’insegna del “c’è ma non si vede”.

Il problema dei condizionatori d’aria, noto agli habitué, che li obbligava a saziarsi di ghiottonerie siciliane irrigiditi da un microclima polare, è risolto. Adesso, oltre a colori, tessuti e carte da parati, la temperatura gradevole e uniforme contribuisce al comfort degli ospiti.

Il Duomo di Ciccio SultanoIl Duomo di Ciccio Sultano

Resistono le quattro piccole sale, con carte da parati multicolore e tavoli circondati da poltrone in pelle chiara, tranne nella sala rossa, dove la pelle è blu.

Il duomo di Ciccio SultanoIl Duomo di Ciccio Sultano

L’impatto visivo dà la sensazione di uno spazio più grande e ben illuminato, specie dalle lampade Tête-à-tête personalizzate, che accendono la bellezza delle portate di Sultano.

Ciccio Sultano - Davide Groppi

Servizio

Il servizio resta istintivamente formale, ma gradevole. Al fianco dello chef nella vita, e come maître nel ristorante, c’è Gabriella Cicero, operosa e pragmatica. Vera responsabile secondo i “si dice” della recente accelerata imprenditoriale di Sultano, culminata nel 2015 con l’apertura de I Banchi, bistrot, panetteria e pasticceria sempre a Ragusa Ibla.

Il Duomo di Ciccio SultanoIl Duomo di Ciccio Sultano

Si punta poi sulla competenza di Antonio Currò, sommelier ambizioso che non disdegna il rischio di abbinamenti poco accademici.

La cucina e tutti i piatti provati

Il Duomo di Ciccio Sultano

Nel menu figurano 5 nuovi piatti della serie “Dominazioni”, uno studio di Sultano delle influenze lasciate sulle ricette locali da arabi, ebrei, romani e normanni. Se ne volete provare qualcuno, magari infilato nei vari menu degustazione, ditelo e sarete accontentati. Noialtri li abbiamo provati tutti in un percorso di otto piatti.

Volevo essere fritto

Un classicissimo. Il gambero non è finito in padella, anzi poggia —nudo e crudo— sopra il cannolo siciliano, costretto dal contatto con la scorza a rubare scorci di frittura.

Il Duomo di Ciccio SultanoIl Duomo di Ciccio SultanoIl Duomo di Ciccio Sultano - PomodoroIl Duomo di Ciccio SultanoIl Duomo di Ciccio Sultano -

Lo accompagna un pomodoro dall’intenso sapore di “astrattu” (concentrato) racchiuso in una gelatina di basilico, e da una serie di finger food ideati per ricordare la colazione di una volta: bignè con formaggio ragusano e acciuga, oliva con finto nocciolo, praline al foie gras con aceto balsamico e sgombro affumicato.

Scaccia ragusana

(Dominazioni siciliane, omaggio alla cucina ebraica)
Pane azzimo a triangoli conficcati in un gelato di formaggio ragusano, che a sua volta poggia su una sfera di salsa al pomodoro: tre consistenze diverse per interpretare la scaccia —tipica focaccia siciliana— con l’esagramma, simbolo dell’ebraismo.

Un omaggio variopinto all’antico quartiere ebraico di Ragusa Ibla.

Il Duomo di Ciccio SultanoIl duomo di Ciccio Sultano - Scaccia Ragusana

Triglia maggiore di scoglio

(Dominazioni siciliane, dal De Re Coquinaria di Apicio)
Prezzo 35 euro

Il duomo di Ciccio Sultano - Triglia maggiore di scoglio

La cucina di Roma antica riprodotta seguendo le avvertenze di Apicio, autore del De Re coquinaria. Il porro è cotto sulle braci –e si sente–, la farina rustica che lega la salsa è fatta con un semplice mortaio. Accompagna il garum, salsa liquida ottenuta dalla fermentazione del pesce.

Il duomo di Ciccio Sultano - Triglia maggiore di scoglio

È un piatto ostico ma ben riuscito che, come altri, esprime l’attitudine giocosa presente in tutto quello che Sultano cucina, fossero anche le tradizioni più consolidate.

Tonno abbuttunato

(Dominazioni siciliane, due secoli arabi)
Prezzo 45 euro

Tributo al periodo di massimo splendore della cucina araba in Sicilia. Ricetta di Santa Flavia, borgo delizioso vicino a Palermo, con sugo di vitello, maionese di capperi e la cipuddata.

Il duomo di Ciccio SultanoIl duomo di Ciccio Sultano - Tonno abbuttunatu

Abbottonato cioè farcito di formaggio ragusano, e profumato con l’aglio fresco. Un piatto da mangiare intingendo il tonno nelle varie salse.

Gelato al tartufo

Passaggio stuzzicante con il gelato al tartufo, splendidamente abbinato al Marsala “Vecchio Samperi” De Bartoli dal sommelier Antonio Currò.

Il duomo di Ciccio Sultano

Il Timballo del Gattopardo

(Dominazioni siciliane, ricordo di Tomasi di Lampedusa)
Prezzo 45 euro

A lungo atteso arriva finalmente in tavola il timballo immortalato da Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo. E da chi lo vogliamo sfarzosamente architettato e cucinato questo timballo? Ma da Ciccio Sultano, che domande.

Il Duomo di Ciccio Sultano - Timballo del Gattopardo

Ce lo immaginavamo proprio così il timballo, rimpicciolito e racchiuso in una crosta di pasta brisè profumata di cannella. In piatti simili la storia della cucina siciliana non può essere tradita.

Il Duomo di Ciccio Sultano - Timballo del GattopardoIl Duomo di Ciccio Sultano - Timballo del Gattopardo

Conquista a partire dal taglio, con la punta del coltello che, separando i filetti di piccione, rompe la crosta scoprendo all’interno un’antologia di sapori siciliani: maccheroni fatti in casa, melanzane fritte, prosciutto, tartufo, formaggio ragusano filante, fegatini, balsamella salata e profumata di vaniglia.

Il Duomo di Ciccio Sultano - Timballo del GattopardoIl Duomo di Ciccio Sultano - Timballo del GattopardoIl Duomo di Ciccio Sultano - Timballo del Gattopardo

Voialtri che state sproloquiando di ridondanza e pesantezza, non potete capire la meraviglia.

Agnello farcito

Prezzo 44 euro

Altro omaggio alla cucina dei Mori. Agnello farcito di fichi secchi e datteri, dalla crosta glassata, compensato in tanta dolcezza dal mordente amaro delle verdure primaverili.

Il Duomo di Ciccio Sultano - Agnello FarcitoIl Duomo di Ciccio Sultano - Agnello Farcito

La salsa araba al centro del piatto somiglia alla tzaziki greca: cetriolo, aglio, menta e personalizzazione siciliana con zafferano e finocchietto selvatico. Il padellino è una raffinatezza che rende bene l’idea delle verdure di stagione saltate.

Cannolo di ricotta vaccina ragusana

Prezzo 19 euro

Il Duomo di Ciccio Sultano - CannoloIl Duomo di Ciccio Sultano - Cannolo

Ramo di marasche

Prezzo 19 euro

Ci sarà un motivo se il soprannome di Ciccio Sultano è stato a lungo Ciccio Sweet, merito della gavetta nella pasticceria Sweet di Vittoria, una manciata di chilometri da Ragusa Ibla, che lo ha reso un pastry chef ante litteram.

Il ramo di marasche (frutto simile alle ciliegie), dessert romantico e femminile, sembra fatto apposta per appagare tutti i sensi.

Il Duomo di Ciccio Sultano - Ramo di marasche

Mangiatelo con le mani, se vi capita, dall’inizio alla fine. Rompete le marasche più grandi con i denti, tenendo la bocca serrata per non farvi sfuggire una goccia del liquido contenuto all’interno. Una ghiottoneria.

Prezzi

Due i menu degustazione cibo e vino: Movimento, a 195 euro, e Siquilia, a 175 euro.

Vino: si possono scegliere altri due percorsi di degustazione per accompagnare i piatti: Perlage 2306 km. che costa 130 euro e Riserve del Sultano a 90 euro.

Solo a pranzo è possibile optare per il menu a sorpresa da tre portate Valle Santa Domenica da 45 euro (con acqua, caffe e piccola pasticceria) o Valle San Leonardo da 59 euro se si vogliono accompagnare le portate con due calici di vino.

Infine, ecco la proposta amata dai gourmet siciliani nel periodo prenatalizio (dal 01/11 al 23/12/2017): menù degustazione per due persone al prezzo di uno più l’aggiunta di 20 €.

Conclusioni

Distanti dal minimalismo in voga da decenni nei ristoranti italiani, ora le piccole stanze risentono meno dello stile da dandy siciliano voluto da Ciccio Sultano.

Ciccio Sultano

Tutte le certezze del decoro borghese sono preservate e aggiornate, compresi i nuovi intarsi dorati di mobili, accessori e perfino dei piatti.

Esattamente all’inverso viaggiano le estrose portate del menu “dominazioni”, dove la semplicità è bandita ma si ritrova l’amore dello chef per lo studio della cucina siciliana.

E sono in arrivo altre novità: voi intanto segnatevi “Cantiere Sultano”.

[Crediti | Immagini: Alfio Bonina]

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Dattilo a Strongoli: menu e prezzi del ristorante di Caterina Ceraudo

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Siamo appena rientrati dal ristorante Dattilo di Strongoli, in Calabria, piccolo centro rurale che occhieggia il mar Ionio da un colle del crotonese.

In cucina c’è Caterina Ceraudo, la trentenne ex allieva di Niko Romito che non ha avuto timori di rischiare con il ristorante di famiglia, e ha vinto la sfida. Premiata come chef donna 2017 dalla Guida Michelin, è stata smaccatamente adulata dal New York Times, che ha inserito la Calabria tra le 52 mete da visitare nel mondo proprio per la cucina, rappresentata soprattutto dal ristorante Dattilo.

Il ristorante (e l’agriturismo)

Impossibile capire il ristorante senza immergersi nel contesto in cui si trova: l’azienda agricola da 25 dipendenti della famiglia Ceraudo a Strongoli, paese senza assemblea comunale dal 17 aprile a causa di infiltrazioni mafiose, dove incontrerete 10/15 residenti dei seimila e cinquecento che gli accredita Wikipedia, bene che vada.

Se Pino Cuttaia è considerato una specie di eroe per avere portato due stelle Michelin nella problematica Licata, in provincia di Agrigento, Caterina Ceraudo impegnandosi in prima persona e riportando la stella che il ristorante aveva nel 2011, ha compiuto una missione impossibile.

Giuseppe Ceraudo, fratello di Caterina, insieme ai piccoli nipoti sempre al seguito, carica gli ospiti sul trattore e li scarrozza per tutta l’azienda, vera oasi (biologica e non per moda, anzi quasi biodianmica) nel deserto circostante.

Un giro tra venti ettari di vigneto, un migliaio di olivi molto antichi, aranci, ortaggi e cespi di fragole, comprensivo di fermate, brevi camminate e assaggi, con la bellezza dei fiori di sulla che ipnotizza lo sguardo.

Entriamo nel ristorante introdotto da grandi gradini.

Repentino cambio di scena rispetto al piccolo borgo rurale visto finora, i tratti comuni sono la pietra delle pareti e il cotto del pavimento, ma l’ambiente diventa elegante e distensivo.

Ristorante DattiloRistorante DattiloDattiloDattilo

I tavoli in legno hanno diverse fogge, ce n’è uno rotondo molto grande che costringe a ripetuti allunghi per prendere il pane al centro.

Un po’ di ginnastica pre cena male non può fare male.

Servizio

Dattilo

Il servizio risente del clima familiare che si respira in azienda, senza per questo dimenticare di allinearsi con lo standard di un ristorante stellato.

Avevamo letto sulla guida Michelin del calore dell’accoglienza: possiamo confermarlo, ma fino a un certo punto quando le richieste dei clienti riguardano carta dei vini e cambi di piatti nel menu degustazione.

La cucina e tutti i piatti provati

Intanto, per il talento messo in campo e la bellezza dei piatti, la cucina di Caterina Ceraudo è in grado di attirare clienti a Strongoli. Che non è poco. Poi, lo è in ragione dell’impiego di ingredienti formidabili, perché da questo punto di vista sia la Calabria che il piccolo mondo rurale del suo agriturismo hanno grandi potenzialità da sfruttare.

Abbiamo provato il menu degustazione “Dattilo”, composta da dieci portate, e vi raccontiamo i piatti che ci hanno colpito di più.

Gambero, barbabietola e arancia

Barbabietola, Ristorante Dattilo

Il gambero viene sottoposto a due marinature, la prima con succo di arancia, poi con un caramello di barbabietola, ingrediente diffuso nella zona un tempo densa di zuccherifici, prima di essere inglobato e mimetizzato tra i petali della rosa.

Il succo di arancia non rende sfuggenti i singoli petali, che si staccano facilmente come in un gioco. Il sapore dolciastro della barbabietola e del suo caramello prevale, peccato per il gambero che ci sarebbe piaciuto sentire e che andrebbe trattato con garbo maggiore.

Podolica, topinambur affumicato e caffè

Podalica, Ristorante DattiloPodalica, Ristorante Dattilo

Sembra una lingua questo serpentello di carne podolica, razza bovina allevata nell’Appennino meridionale, di media stazza, camminatrice assidua durante la transumanza dalle montagne al mare.

Il piatto racconta una giornata tra i vigneti (premiati da molte guide) di casa Ceraudo nel periodo della potatura. La corteccia di topinambur porta profumi di humus con anche la polvere (di caffè), mentre la carne di podolica viene marinata per 5 giorni con uno sciroppo ricavato dalle rose secche presenti all’inizio di ogni filare della vigna.

Completa una crema di topinambur cotta in un brodo che si fa con i sarmenti (i tralci delle viti potate), necessari anche per l’affumicatura successiva.

La lunga marinatura rende la carne tenera e vivace nel sapore, l’accostamento con il croccante del topinambur e il suo sapore affumicato sono un piacere per il palato.

Spaghettino cedro e anice nero

SpaghettinoDattilo, spaghettino

Spaghettino sì, ma elaborato.

Il cedro è arrostito con le erbe aromatiche, quasi carbonizzato. La parte esterna, più spessa e bruciata, viene levata. Alla pasta, cotta nell’acqua di cedro, si aggiunge il liquido ricavato dalla macerazione di una notte dell’acero nero. Il tocco finale è una crema a base di limoncello e olio a crudo.

Un piccolo capolavoro di asprezza, molto rinfrescante.

Riso, piselli e parmigiano

Prezzo alla carta 22 euro

Dattilo, riso e piselliDattilo, riso e piselli

Piatto più semplice, con il riso cotto (alla perfezione) in un brodo di prosciutto crudo, pepe nero, limone e parmigiano stagionato 36 mesi. A sorpresa, viene fuori una saporita crema di piselli che ci riporta per un po’ sui campi di contrada Dattilo.

Carrè di agnello con panatura alle erbe portulaca

Prezzo alla carta 30 euro

Carrè di agnello, DattiloDattilo, carro di agnello

Bel piatto di agnello avvolto da una panatura aromatica di rosmarino, timo, salvia, maggiorana e menta, con accanto una maionese acida e i carciofi conditi con un distillato di menta e mentuccia.

Zuppetta di agrumi, yogurt di pecora e arancia

Zuppetta di agrumi

Se la dolcezza è il filo rosso che lega i piatti del menu degustazione, non sempre tenuta sotto controllo, il piatto meno dolce è proprio il dolce.

Crema di arancia, gelato di zenzero e yogurt di pecora con sopra una lingua di gatto al cioccolato. La conclusione del percorso è all’insegna della freschezza che lascia pulito il palato.

Prezzi

Menu, ristorante dattilo

I menu degustazione del ristorante Dattilo sono due: “Grayasusi”, quattro portate al prezzo di 65 euro, e “Dattilo”, proposta impegnativa da dieci portate che costa 120 euro.

Più abbordabili i piatti alla carta, spesso preferiti dagli avventori.

Carta dei vini molto interessante e ampia, le bottiglie abbinate ai piatti dei menu degustazione appartengono all’azienda Ceraudo. Scelta logica oltre che apprezzata visto il valore dei vini.

Conclusioni

Non ci stancheremo di ripetere che Dattilo, inteso come ristorante e agriturismo, ha grandi potenzialità da sfruttare. Le capacità di Caterina Ceraudo come chef, e della sua famiglia nell’amministrare l’azienda agricola, sono fuori discussione. E come detto, il coraggio non manca. Tutti molto bravi.

Negli accostamenti più audaci del menu degustazione da 10 portate servirebbe meno impulsività, come servirebbe maggiore varietà rispetto alla dolcezza ricorrente di diverse portate.

Caterina Ceraudo

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Signum a Salina: ecosistema di bellezza e gusto

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Siamo stati a Salina, nelle isole Eolie, ecosistema di bellezza e buongusto anche grazie a Malvasia, capperi e al Signum, il ristorante di Martina Caruso, ventotto anni ben spesi secondo la guida Michelin, che già due anni ha assegnato la stella alla giovane chef.

Salina: un sogno a due passi

A Salina le “lape” svolazzano cariche di turisti nell’unica strada che collega i comuni di Leni, Malfa e Santa Marina.

Pollara - Salina

Salina

Salina

Non ci sono gli asini, come ad Alicudi e a Filicudi, le isole più lontane che s’intravedono dalla fragile Pollara, frazione di Malfa, dove tra le abitazioni di un cratere sprofondato nel mare si gode uno dei tramonti più belli del mondo.

Scena silenziosa e poetica che, qualcuno se ne ricorderà, compare nel “Postino” di Massimo Troisi.

DESIGN E AMBIENTE

Signum ristorante a Salina Per raggiungere hotel e ristorante, arrivati a Malfa, serve una breve camminata lungo una viuzza profumata di basilico, rosmarino e gelsomino.

Miniatura di un borgo eoliano, l’albergo è armoniosamente inserito tra collina e mare.

Salina Signum

ristorante signum a salina

A prendersene cura è Clara, madre di Martina Caruso, signora dall’aspetto austero ma di grande sensibilità e senso estetico.

La sala interna, dedicata alla cena, è un’oasi calma con arredi in legno, come i grandi vassoi, i tavoli e le credenze. Diversi pezzi di antiquariato, uno diverso dall’altro, contrappuntano l’ambiente.

Signum Salina

All’esterno, lo spazio del pranzo è arredato con tavoli in ferro battuto e ceramica, ombreggiato da un pergolato di canne.

Mentre da un lato del terrazzo le scale portano ai mini appartamenti, dall’altro la bella vista sul mare spazia fino a Panarea e Stromboli.

Signum - Salina

Servizio

Attento e disinvolto, il servizio del Signum è calibrato sulla presenza assidua dei vacanzieri. Luca Caruso, fratello di Martina, è affabile e paziente, se l’accoglienza è calda, quasi famigliare, molto del merito è suo.

Signum - Luca Caruso

È sempre lui che sceglie i vini e organizza la cantina con un migliaio di etichette e tante ambizioni. Ha un’ossessione Luca Caruso, che com’è facilmente intuibile dalle immagini, riguarda i calici, guai a sbagliarne uno.

La carta dei vini ospita praticamente tutte le cantine eoliane, motivo per cui nell’isola il Signum è vissuto come una sorta di banca del vino.

Signum Salina

La cucina e tutti i piatti provati

Avrebbe potuto scegliere una vita più comoda, Martina Caruso, nell’hotel di famiglia. Invece si è messa dietro i fornelli e oggi, impartire ordini a una piccola brigata di maschi, fa parte dei suoi compiti.

I menu che propone sono tre: “Il Sigillo”, con sette portate, “Tradizione e Innovazione”, con cinque portate e “Scoprendo”, la carta con tre portate. Abbiamo messo alla prova il primo e più complesso dei tre.

Bagna cauda

bagna cauda signum salina

Bagna Cauda e ricci - Signum a Salina

Inizio sorprendente: Bagna cauda con aglio, acciuga, latte, patate e aggiunta finale dei ricci di mare. A legare Martina Caruso al Piemonte è un parente con cui la chef trascorreva le estati salinesi, e che oggi lavora proprio al Signum occupandosi di cocktail.

Omaggio a Palermo

Omaggio a Palermo - Signum - Salina

Omaggio a Palermo - Signum - Salina

Omaggio a Palermo - Signum - Salina

L’omaggio alla città della cultura 2018 è la frittedda, piatto primaverile a base di piselli, fave e carciofi, insaporito in questa versione dal gambero appena marinato e dalla polvere di caffè.

Dentice crudo e cotto

Dentice - Signum - Salina

Dentice - Signum - Salina

Dentice - Signum - Salina
Il dentice crudo è un involtino con scarola e quinoa fritta. Accanto nel piatto, sopra il dentice cotto al forno, c’è una bieta piastrata. Il liquido versato per guarnire è un leche di tigre. Ricordo di un viaggio, la marinatura peruviana rende le carni più morbidi insaporendole con delicatezza.

Se il crudo modaiolo recita la parte dell’onesto figurante, il primattore è l’ottimo dentice cotto.

Pasta mista con cozze, zucchine e ragusano

Pasta mista con cozze e zucchine al Signum - Salina

In Sicilia, quel che rimane di un pacco di pasta, qualunque sia il formato, viene riunito nella pasta maritata.

Martina Caruso assegna al formaggio ragusano il ruolo del protagonista, in un insolito ma straordinario abbinamento con le cozze.

La pasta, dentro un padellino di ceramica, è condita con crema di zucchine, pepe nero, spuma di ragusano e infine le cozze, marinate per un minuto in scapece (marinatura rivisitata con una base di vino, paprika e pomodoro).

Bottoni di seppia il suo nero, limone e olio affumicato al legno d’ulivo

Bottoni di seppia, Signum. Salina

Bottoni di seppia, Signum. Salina

Il momento migliore del menu degustazione coincide con il piatto più elaborato.

Sono bottoni di pasta ripieni con ragù di seppia, mantecati con una crema al limone e patate. Adagiata sopra c’è una seppia cruda con un po’ di nero, condita con olio affumicato al legno d’olivo e polvere di limone essiccata.

Triglia con le sue frattaglie

Triglia - Signum - Salina

Triglia cotta a vapore con il patè del suo stesso fegato all’interno. La salsa su cui ondeggia la triglia è leggermente amara. Le squame che rivestono la pelle sono fritte insieme alla salvia. A parte vengono servite le salicornie, o asparagi di mare.

Spaghetti aglio, olio e peperoncino

Spaghetti aglio e olio - Signum - Salina

Spaghetti aglio olio e peperoncino - signum Salina

Lo spaghetto come ultima portata del menu degustazione prima del dolce, evoca le spaghettate di mezzanotte, e dunque, non può che essere con olio, aglio e peperoncino.

Anche a fine percorso, quasi satolli, si apprezza il piacere indotto dalla cucina di Martina Caruso, profondamente mediterranea, vivace, non sempre perfetta ma con alcune intuizioni da vera primadonna.

Gli spaghetti sono insaporiti con un guazzetto di mare mantecato con il brodo di pesce. Mescoliamo come consigliato, e una salsa di prezzemolo colora la pasta di verde pastello, senza disperdere la mollica atturrata.

Gelato al cappero

Gelato al cappero - Signum Salina

Gelato al cappero - Signum - Salina

Il cappero, ovvero il sapore più atteso di un viaggio a Salina, arriva solo con il pre dessert, sotto forma di gelato. È candito, squisito, uno dei ricordi indimenticabili del pasto.

Prezzi

Signum - Salina

I menu degustazione sono tre: il più complesso è “Il Sigillo”, sette portate per un costo di 100 euro. “Tradizione e Innovazione” con cinque portate costa 80 euro, “Scoprendo” con tre portate costa 55 euro.

Tutti i piatti dei menu degustazione si possono ordinare alla carta, con prezzi che variano dai 25 ai 30 euro.

Nei periodi di alta stagione è consigliabile prenotare con largo anticipo perché vengono privilegiati gli ospiti dell’hotel.

Conclusioni

Diretta, non necessariamente originale o creativa, la cucina di Martina Caruso, che tanto deve alla Sicilia, esalta gli ingredienti eoliani.

L’esperienza la aiuterà a evitare le occasionali sbavature e a perfezionare la cura per i dettagli tanto cara a sua madre, la signora Clara, che di dettagli anche straordinari ha riempito il Signum.

Martina Caruso - Signum - Salina

[CREDIT: LE FOTO DI SALINA SONO DI GIUSEPPE D’AMICO]

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Nivarata 2018: le 3 granite che ci sono piaciute di più

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Freschezza e semplicità. Volete una granita siciliana diversa dalla versione pappa e fuggi ahinoi diffusa oggi? Cercate freschezza e anche semplicità. Diversamente da quel che succede con la classica pasticceria siciliana, emozionante da perderci la testa ma ricca e decadente.

Acireale è tra le città siciliane in cui gli attentati all’incolumità della granita autentica ottengono meno successo.

Non a caso la densità di granite fresche e semplici è assai elevata, specie se parliamo di gusti essenziali come mandorla e limone. E non a caso 3 delle 10 migliori granite tra le 50 che compongono la uber classifica 2017 di Dissapore, provengono proprio da Acireale.
[Le 50 migliori granite siciliane del 2017: da 10 a 1]
Che di suo, invece, vanta un centro barocco e alcuni imponenti edifici pubblici, una città bella ma poco turistica che mantiene il suo naturale contegno anche quando ospita, come in questi giorni, dal 25 al 27 maggio, la Nivarata, festival internazionale della granita.

Nivarata 2018

NIVARATA: COS’E’

Quest’anno quindici gelatieri hanno presentato le loro granite. Alcuni siciliani, altri del continente, qualche giapponese e un inglese.

Il pubblico di Acireale è uno spettacolo a parte.

Nivarata 2018

Nivarata 2018

I numeri non fanno ancora gridare al miracolo ma, sette edizioni dopo il debutto, la sfida dei tre organizzatori per promuovere un prodotto tipico della tradizione siciliana, non contagiato dagli abomini della modernità, sembra essere vincente.

[Nivarata: le migliori granite siciliane del Festival che non spicca il volo]

Essere alla Nivarata, nonostante i problemi tecnici, la difficoltà a reperire sponsor, gli imprevisti e le decisioni prese all’ultimo, restituisce il senso di un omaggio a neviere (le conche in cui si accumulava la neve caduta per solidificarla e trasformarla in ghiaccio) e nivaroli (i mercanti del ghiaccio).

NIVARATA 2018: LE GRANITE MIGLIORI SECONDO DISSAPORE

Il titolo di “granita dell’anno” premia i gusti personalizzati dai partecipanti al concorso, non i classici dunque, messi alla prova dai giurati su un palco sistemato al centro della grandiosa piazza Duomo, circondata su tre lati da edifici monumentali.

Il pubblico assiste, oppure ne approfitta per visitare la cattedrale, o la Basilica dei santi Pietro e Paolo, o il Palazzo Municipale. Oppure si disperde per corso Umberto I, l’arteria principale di Acireale.

Il verdetto è atteso per stasera, ma dopo aver provato tutte le proposte in concorso, anticipiamo i giurati (alcuni tra i migliori gelatieri italiani), impigriti dal sole e dal paesaggio marino di Acitrezza, dicendovi quali sono le 3 granite che ci sono piaciute di più alla Nivarata 2018.

Nivarata 2018

PICNIC ON BRIGHTON BEACH

Fragola, limone, pepe nero, zucchero, acqua

Nivarata 2018

Non possiamo definirci esterofili, anzi, ma qui parliamo di un abbinamento fragola – limone, completato dall’aroma di basilico, che fa gridare al miracolo.

Specie se consideriamo che arriva da Brighton, Inghilterra, dove non è scontato che conoscano la cremosità perfettamente calibrata di questa granita, che resta tale anche mentre si scioglie al sole.

[Le migliori granite di Catania: non avrai altra guida al di fuori di questa]

Con anche un pizzico di speziato che rinfresca ulteriormente.

Nivarata 2018

CASSATA SBAGLIATA

Mandorla, scorze di arancia, limone candito, zucchero, acqua

Nivarata 2018

Nivarata 2018

Nivarata 2018

Peppe Flamingo è un siciliano giovane e scaltro. Ha aperto Tasta, la sua gelateria, in un sacco di posti, addirittura a Miami. Ma invece di gustarsi in santa pace il meritato successo si iscrive a diversi concorsi, sgomitando anche per farsi notare.

Alla Nivarata 2018 ha portato una bella idea, secondo alcuni scontata, ma dirlo dopo è facile.

Una cassata sbagliata di nome e di fatto. Senza ricotta, poco addomesticabile in una granita, ma (inizialmente) con il cioccolato bianco, ingrediente non ammesso per la presenza del latte, che nella granita ortodossa è tabù.

Quando l’ha saputo non si è perso d’animo, ha sostituito il cioccolato bianco con le mandorle. E sorpresa!  È venuto fuori un sapore che bacia l’idea di cassata siciliana, intenso ma non stucchevole. Il cioccolato a pezzetti arriva da Modica. Accompagnano canditi e granella.

LIMONE PROFUMATO ALLO ZENZERO

Limone e zenzero

Nivarata 2018

Vuole farsi spazio fra i gelatieri, Gentian Ashiku, ragazzo albanese dall’insolito accento milanese che partecipa per la prima volta alla Nivarata, per niente intimorito.

Un pizzico di zenzero in più non sarebbe guastato nella sua granita.

Ma il terzo posto se lo è guadagnato perché molto preciso nel restituire il sapore solare della granita al limone.

Nivarata 2018

Visto che alla Nivarata abbondano le menzioni speciali, aggiungiamo anche le nostre.

Tra una granita e l’altra, le proposte diverse dei cosiddetti “chef con la coppola”, in rappresentanza di tutto ciò che granita non è, hanno regalato sollievo al palato.

Per dire, il pensiero del panino con la porchetta di Giuseppe Raciti, giovane chef di Zash, ristorante di Riposto (Ct) o della pizza fritta di Simone Strano, siciliano pure lui, executive chef al Senses di Palazzo Montemartini, a Roma, ci fa seriamente pensare a un ritorno in piazza Duomo.

Seduta stante.

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A Catania fanno di gran lunga la colazione più memorabile d’Italia

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Ditemelo subito se avete alternative, e nel caso, vi prego di argomentarle. Perché secondo me non esistono altre città italiane dove le colazioni sono altrettanto varie, ricche, smodate, dolci, salate, impanate, spesso fritte, come a Catania (che casualmente è la città dove vivo).

Non parlo di granita e brioscia, no, sarebbe troppo facile. Ma della clamorosa serie di “pezzi” che i catanesi hanno a disposizione ogni mattina, da non confondere con i dolci più noti della pasticceria siciliana, vedi cannolo e cassata. 

[Guida passionale per comprare e mangiare alla Pescheria di Catania]

La tesi che a Catania facciano la colazione più memorabile d’Italia non vi convince? Continuate a leggere, mi limiterò a esporre le mie ragioni, lasciando che siate voi a giudicare.

CIPOLLINA

Colazione a Catania - Interno cipollina

La varietà che lo attende al bar ogni mattina prima di andare a lavorare, fa sì che il catanese non abbia un’idea precisa di cosa consumerà. Entrando, l’occhio si dirige fulmineo verso la vetrina dei pezzi da colazione.

Ma è proprio quando il barista sta per chiedergli cosa gradisce, che l’altro occhio va sulla vetrina della tavola calda. E credetemi, non passa giorno che il catanese entrato al bar pensando di chiedere un cornetto s’interroghi dubbioso: “stamattina mi calassi ‘na cipollina.”

Tutto contribuisce al potere di seduzione della cipollina: la forma a fagotto piegato in quattro alla sanfasò, la consistenza da pasta sfoglia e il ripieno di formaggio, prosciutto, pomodoro e soprattutto cipolla, star tra gli ingredienti per sapore e profumo.

Si consuma abbinata con una bibita frizzante.

INVOLTINO

Colazione a Catania - Involtino

Chiusa la parentesi cipollina, spezzafame per ogni ora del giorno, andiamo ai tipici pezzi da colazione di Catania.

L’involtino è una pasta sfoglia dolce a strati. Un fagotto quadrato “riempito” di crema. Ho messo riempito tra virgolette perché a Catania riempire significa farlo senza mezze misure. Abbondare è la regola.

[La guida ai migliori arancini di Catania]

I ripieni più frequenti sono crema pasticciera e crema al cioccolato. Per distinguerli, l’involtino alla crema pasticciera ha una ciliegia candita al centro dei quattro lati. L’altro è invece spolverato con il cacao.

PANZEROTTO

Colazione a Catania - PanzarottoInterno panzarottoInterno panzarotto

Avete presente il panzerotto pugliese? Allora dimenticatelo.

Il panzerotto a Catania è uno dei pezzi da colazione più richiesti, complice la perfezione quasi ingegneristica della sottile calotta di pasta frolla, che riesce a sostenere miracolosamente, non si sa come, una quantità monstre di crema.

Tra gli ingredienti stravaganti del panzerotto figura l’ammoniaca per dolci. Che è una polvere bianca sul genere del “bicarbonato” impiegata in pasticceria per aumentare la friabilità.

Crema o cioccolato o morbida ricotta completano il sapore dell’impasto, un po’ biscottato, spolverato di cannella in superficie, dove spunta un piccolo bernoccolo croccante.

RAVIOLA

Colazione a Catania - Raviola con la ricottaColazione a Catania - Raviola con la ricotta

Colazione a Catania - Interno raviola fritta

Pare che il termine raviolo sia apparso per la prima volta in un documento vergato nel 1158 in Sicilia. Ma sposterei volentieri l’attenzione dalle contese storiche per passare direttamente alla raviola, che al singolare femminile è un imperdibile pezzo da colazione. Questo sì siciliano, al punto che in tanti nell’isola si ostinano a prepararlo in casa.

La raviola è una frittella morbida impastata con la farina di grano tenero, cui viene data forma circolare, per poi essere chiusa a mezzaluna e tagliata nei lembi con il raviularuu (che è l’arnese da cui prende il nome).

Frittura e ricotta sono le due chiavi di volta, come nel cannolo. Una volta lavorato il ripieno con zucchero o miele, la raviola viene spolverata di zucchero e spesso anche di cannella.

Difficile ignorare la tentazione del fritto, anche a colazione, anche per chi subisce il richiamo delle sirene salutiste. In onore delle quali esiste anche una blasfema alternativa al forno. Ma lasciate perdere: quando dev’essere raviola, che raviola sia.

IRIS

Se possiamo definire la raviola come un pezzo da colazione siciliana, l’iris catanesissimo è. A iniziare dall’impasto, quello tipico della brioscia da inzuppare nella granita, ma schiacciato ai poli, come un mappamondo.

All’interno, segue le stesse identiche forme rotonde, un generoso ripieno di crema bianca o cioccolato.

Non basta, a quel punto l’iris, impanato con pastella liquida e mollica, viene preso e fritto tutto intero in abbondante olio. Ma non chiamatelo arancino, questo è l’iris e basta.

[Il Buonappetito: il meglio di Catania, cibo oltre la strada]

Come si distingue dall’esterno l’iris farcito al cioccolato da quello alla crema? Grazie a un cerchio inciso dai pasticcieri nel polo superiore della scorza fritta, che cambia colore a seconda del ripieno.

Scopriamo ora dove vanno i catanesi avveduti per mangiare i tipici pezzi da colazione.

BAR DELLA REGIONE

Bar della Regione - CataniaBar della Regione - Catania - PAnzerottiBar della Regione - Catania - Interno raviola

Praticamente sconosciuto ai residenti del centro, nella periferica zona Fortino, il Bar della Regione è un concentrato di semplicità, arguzia e prontezza di spirito, oltre che di sapore.

Anche notturno, visto che al Bar della Regione spesso si va per addentare una raviola appena fritta dopo la mezzanotte, mettendosi così l’anima in pace per almeno un mese. Ma che soddisfazione, ragazzi!

Pasta dalla morbidezza disarmante farcita con una cascata di ricotta, e la cannella a coronare il sogno calorico. Questa è al di là da ogni ragionevole dubbio la migliore raviola di Catania.

BAR ALECCI

Colazione a Catania - Bar AlecciColazione a Catania - Bar AlecciRavioli con la ricotta - Colazione a Catania

Non vi stupite, se avrete voglia di abbinare alla granita un pezzo da colazione, invece della tradizionale brioscia. Al bar Alecci, dove pure il set da granita (granita stessa e brioscia, appunto) è di prim’ordine, i pezzi da colazione sono un richiamo esagerato.

Tra tutti primeggia l’involtino, che può essere alla crema e al cioccolato. Una crema particolare, come difficilmente la trovate altrove: lucida, vagamente gelatinosa e dal sapore vanigliato. La sfoglia, suddivisa in strati, è burrosa al punto giusto.

[Cosa rende speciale la Street Food Fest di Catania]

Da provare anche panzerotto alla crema e raviola (fritta) mignon, termine che sottintende dimensioni inconsuete: dolci piccoli a Catania non se ne fanno. La tradizione impone ricotta grezza e spolverata di zucchero semolato.

BAR LANZAFAME

lanzafame

A Catania, la popolare via Plebiscito disegna una lunga curva di piacere gastronomico, dall’inizio alla fine. Proprio lungo la strada trovate l’iris al cioccolato migliore della città, sempre super richiesto.

A mettere in circolazione la meritata fama del Bar Lanzafame tra i catanesi è stata una tappa della processione di Sant’Agata, con i devoti che per ricrearsi durante la lunga camminata notturna entrano al bar Lanzafame uscendo con l’iris in mano.

La consistenza della pasta, altrove troppo spessa, qui è perfetta; la crema sovrabbondante completa il quadro. Da provare anche la cartocciata, altro pezzo imperdibile della varia, ricca, smodata, dolce, salata, impanata, spesso fritta colazione di Catania.

La più memorabile d’Italia.

L'articolo A Catania fanno di gran lunga la colazione più memorabile d’Italia proviene da Dissapore.

Il Cappero a Vulcano: la cucina è un algoritmo impazzito, per non parlare del tramonto

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Siamo in mezzo all’incanto dell’isola di Vulcano, la più a sud delle Eolie, distante appena cinquanta minuti di aliscafo da Milazzo.

Pochi abitanti, vissuta in funzione dei turisti, li accoglie in un modo che non si dimentica: il piccolo porto di Levante, una breve salita e l’odore di zolfo diversamente piacevole, addirittura nauseabondo nei pressi dei fanghi, dove la sensazione di trovarsi dentro un cratere si fa concreta.

Una strada asfaltata percorre l’isola dalla scalo, all’inizio tra bancarelle, souvenir e spiagge nere. Poi diventa vieppiù spopolata, selvatica e affascinante.

Chiude il percorso Therasia, il resort con terrazza dove la vista lascia senza respiro: Lipari galleggia maestosa sull’acqua con i due faraglioni a punteggiare il mare come gocce d’inchiostro in un foglio bianco.

Il ristorante del resort –una stella Michelin– si chiama Il Cappero, come molto altro sull’isola. Da due anni lo chef è il trentenne palermitano Giuseppe Biuso. Curriculum in ordine, certo, ma chi si aspettava che tra i suoi piatti si annidassero piccole prelibatezze che da sole valgono il viaggio fino a qui?

Design e ambiente

Le maioliche della cucina a vista colorano la quiete dello spazio dominato dalla pietra color zolfo.

Ma qualunque scelta d’arredo, per quanto originale o riuscita, passerebbe in secondo piano davanti allo spettacolo del tramonto.

Se c’è un primato che le Eolie contendono al resto del mondo è quello dei tramonti più spettacolari, e su questo vale la pena soffermarsi un attimo.

Attira. Ipnotizza. Stordisce. Accende il colore turchese del mare di calde nuance dorate. Regala una vista incomparabile su tutte e sette le isole. Merita di essere visto una volta nella vita.

Il servizio

All’inizio il tono declamatorio del maître nel presentare “Cucunci”, uno dei menu degustazione, così come la teatralità del servizio imbarazza parecchio. Battute e risolini contenuti, poi ci si abitua, anzi, la cosa diventa divertente.

Più sbarazzino ma volutamente sopra le righe anche Andrea Prizzi, che presenta una carta dei vini dalla fattura originale, un tomo che strappa sorrisi proponendo vini “cantati in versi” o “versi d’amore” di cui il sommelier è l’autore, alternate a immagini di opere classiche.

La cucina e tutti i piatti provati

Rosso si SFERA

Prezzo 35 euro

Con irruenza, Giuseppe Biuso ruba la scena al tramonto, che in un posto come questo è suo alleato ma anche avversario. Lo mette direttamente nel piatto.

Barbabietola e crumble di lamponi all’esterno, dentro invece gambero rosso di Mazara. Quindi maionese di teste di gambero, peperoncino, tartare cruda e cotta.

Un’altra caponata di melanzane

Prezzo 35 euro

Dalle sfere ai cubi: accomodamento minimal degli ortaggi fritti che compongono la caponata siciliana.

La melanzana, cioè l’ingrediente principale, si trova al centro del piatto (è quella che sembra un barbapapà) ricostruita grazie a una crema ricavata dalla sua buccia arrostita.

Caldo e freddo si alternano, per rispettare l’abitudine di servire la caponata in entrambi i modi. Anche la forma cubica di altri elementi del piatto ricorda il classico taglio a dado della melanzana.

Il cubo più grande racchiude gli ingredienti della caponata, insaporiti da una doppia panatura e fritti di nuovo.

Completano il piatto: alcune gocce di salsa agrodolce, la parte fresca, cioè il sedano croccante, infine la polvere di olive e capperi.

U sceccu… non è una bufala

Prezzo 30 euro

Omaggio all’asino, ancora oggi impiegato, specie nelle isole più remote, come mezzo di trasporto.

L’infantile cialda d’asino rappresenta l’animale nudo e crudo. La tartara d’asina è avvolta da un involucro di mozzarella di bufala sormontata da sfilacci di carne d’asino affumicata.

Sopra viene fatta colare una centrifuga di arance, carote e mele: alimenti dati agli asini per spronarli a lavorare che qui incidono su acidità e dolcezza del piatto

Bianco mangiare

Prezzo 30 euro

Il gioco dei piatti, da intendersi qui come meri contenitori di cibo, inizia a farsi serio.

La cloche raffigura un cappello da chef, all’interno del colletto c’è il bianco mangiare, qui in versione salata.

La trasformazione del tipico dolce siciliano a base di mandorle prevede gnocchi di seppia oltre a quelli di patate, sopra i quali svetta un croccante di mandorla. Intorno: crema di mandorle, albume e olio; sul fondo del piatto una fonduta di caciocavallo ragusano.

Trovate il tutto eccessivo? Può darsi. Ma le difese intellettuali cadono al primo boccone, resta solo un pensiero: passare a quello successivo.

Il tortello a tutto riccio

Prezzo 35 euro

Riccio, ricciola e finocchiu rizzu.

Il ripieno del tortello mette insieme caviale e succo del riccio di mare, salicornia, a parte una ricciola leggermente grigliata e marinata con la liquirizia. La riproduzione del riccio di terra in mezzo al piatto è fatta con maionese al finocchio selvatico.

Una portata irresistibile, vero momento di gloria del menu degustazione, e non solo per appagare la vostra relazione voyeuristica con il cibo.

Anche se, riguardando queste foto, viene voglia di fiondarsi di nuovo verso il Cappero.

La vongola casca proprio a fagiolo

Remake della pasta e fagioli con le vongole. Vongole, fagioli badda di Polizzi, presidio Slow Food tipico del parco delle Madonie, rosmarino.

Pietanza verace, mantecata come fosse un risotto, e accompagnata da una cialda di fagiolo.

Risotto allo sfincione

Fuori menu chiediamo un piatto curioso. Mai capitato un cameriere che porta al tavolo un’ape car? Da queste parti succede ogni sera (tutto materiale per “We Want Plates” il profilo Twitter nato per riportare le pietanze nei loro contenitori naturali, i tanto bistrattati piatti).

Nella lapa (ape) in ceramica il risotto richiama una tipica focaccia palermitana –lo sfincione– street food venduto proprio dalle ape car. Gli ingredienti ci sono tutti: pane, focaccia, risotto mantecato con formaggio ragusano e acciuga, cialda di pomodoro, cipolla e pomodoro in chips.

Pisci spatula “allinguato”

Rappresentazione culinaria di una leggenda locale con accenni pulp.

Passando ogni mattina sotto il balcone dove una bella donna siciliana annaffia il basilico, un moro se ne invaghisce. I due diventano amanti, ma quando la donna capisce che il moro sta per tornare dalla moglie lo condanna a restare per sempre con lei. Come? Decapitandolo.

Un taglio netto che fa schizzare sangue, fuoco e passione dalle viscere dell’isola, immagine figurata di una deliziosa arancia locale, la sanguinella.

Che in Sicilia, insieme al finocchio si mette in insalata, in questo caso allargata alle olive, a una crema di finocchio cotto alla base e alla spatola (pesce diffuso al sud noto anche come pesce sciabola o bandiera) fritta “a linguata”, cioè dopo una marinatura sotto aceto. Il cui aroma, come vuole la vulgata dei ristoranti d’alta cucina, proviene da una nebulizzazione dell’aceto.

L’agnello in doppia cottura

Prezzo 40 euro

C’è un non detto tra i super impallinati che frequentano i ristoranti stellati dell’isola. I cuochi siciliani, specie se di rango, hanno più di un problema con la carne. Non detto confermato: ecco il piatto meno riuscito del nostro percorso.

Agnello in doppia cottura: terrina panata con lenticchie e lombo. Al contrario di quel che succede nel mangia-e-bevi, piatto tipico palermitano con il cipollotto avvolto nella pancetta, qui è la cipolla a contenere la pancetta. Il ruolo di co-protagonista è affidato alle piccole lenticchie di Ustica, in crema e in insalata, oltre a una riduzione di marsala.

Made in Sicily

Né cassata, né cannolo, ad ogni modo made in Sicily. Come potrebbe essere altrimenti visti gli ingredienti? Zucchero, mandorla, cioccolato.

Mentre assaggiate il più scenico dei dolci chiudete gli occhi: non lo sentite questo suono di marranzano? (Sapete cos’è, vero?)

Prezzi

I menu degustazione principali sono addirittura cinque: “Cucunci” è il più complesso e costoso (140 euro per 9 portate), seguono “Fior di Cappero” (120 euro) e “Siculo” (cinque portate per 100 euro).

Altri due menu degustazione –”Spinoso” e “Inermis”– prevedono solo due portate e costano 60 euro ognuno. Da segnalare “Rupestris”, il menu degustazione vegetariano, e quello senza glutine –”Ovato”– entrambi dal costo di 100 euro.

Per mangiare alla carta si spendono tra 65 e 125 euro.

Conclusioni

La cucina di Giuseppe Biuso è figlia di un algoritmo impazzito: fantasiosa, sorprendente, eccessiva, soprattutto nelle presentazioni dei piatti.

Lo chef palermitano s’iscrive di diritto alla lista prorompente dei giovani cuochi italiani che cucinano benissimo, con la sua rappresentazione giocosa della Sicilia, immersa nell’aura d’incanto che si vive solo intorno a certi tavoli, in certi posti.

Tutto il contesto ci è piaciuto moltissimo. Dovete provarlo.

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La classifica delle 50 granite siciliane migliori del 2018 sta arrivando

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Bar, camion, baracchini improbabili, pasticcerie in mezzo al nulla: la nostra classifica delle 50 granite siciliane migliori del 2018 è popolare. Certo, non mancano luoghi di consumo più consoni, ma per noi collocare la granita nell’ordine dei piaceri per raffinati gourmet sarebbe una forzatura.

Il nostro credo resta il sapore, arricchito da un concentrato di passione, storia e tradizione.

Abbiamo iniziato nel 2016 con le 10 migliori granite siciliane di CataniaMessina e del Resto dell’Isola. Tutto è evoluto l’anno dopo nella classifica delle 50 granite siciliane migliori del 2017, diventata la coperta di Linus per evitare disavventure che rovinano una gita, nonché la più nota guida di settore sul web (e anche no).

[Le migliori granite di Catania: non avrai altra guida al di fuori di questa]

[Le migliori 50 granite siciliane del 2017]

Tutto ciò premesso, abbiamo due cose da annunciarvi, la prima è questa: la venuta della classifica 2018 squadernata in 2 giorni:

– mercoledì 25 luglio con le posizioni dal numero 50 al 26;
– giovedì 26 luglio con le posizioni dal numero 25 all’1.

[Messina: 10 granite siciliane senza rivali]

Ancora una cosa: come per il gelato (con annessa classifica delle 100 gelaterie migliori d’Italia appena pubblicata), anche in fatto di granite siamo spocchiosi e perfezionisti. Certi che capirete, un attimo prima di mandarci a quel paese, condividiamo con voi i comandamenti per entrare nel “regno della granita”, insomma, i criteri che chiediamo di soddisfare a chi è interessato alla nostra classifica.

1. SOPRATTUTTO BUONA

Il sapore è il criterio principale, quello che Dissapore mette sempre davanti agli altri. La natura è stata generosa con la Sicilia garantendo profumi e gusti –frutta e verdura in particolare– altrove sconosciuti.

VENDITORE DI GELSI - granite2018

Anche in questo, come nel grado di maturazione della frutta quando viene impiegata, sta il segreto della granita siciliana.

2. NIENTE AIUTI MALANDRINI

Di regola, gli ingredienti della granita sono tre: acqua, zucchero e frutta (o l’ingrediente principale, quello che ne determina il gusto, dunque anche caffè o cioccolato).

Granita gelsi - granite2018

Questo ingrediente principale è davvero naturale? Il sapore che percepisco in una granita alle fragole arriva solo dalle fragole o viene esaltato con l’aiuto malandrino di qualche ingrediente artificiale? E quel colore acceso che ha la granita, è merito esclusivo delle fragole?

3. EQUILIBRIO E CONSISTENZA

EQUILIBRIO: lo zucchero non va aggiunto come in una formula magica, ma dosato a seconda del tipo di frutto. Il sapore della granita al limone deve mantenersi aspro, come il frutto. Basta poco zucchero se bisogna mitigarne l’eccesso di asprezza.

[Le migliori granite siciliane fuori da Messina e Catania]

CONSISTENZA: la granita siciliana non è una bibita, la sua texture è cremosa non cristallizzata (come a volte capita nella zona occidentale). Rinfrescante e morbida, ha poco a che vedere con la una struttura grassa e schiumosa. Qualche pezzo di frutta può capitare, ma la granita non è neanche una macedonia.

Granita ricotta - granite2018

Possono esserci piccole differenze di vedute sulla consistenza, per esempio i catanesi preferiscono una granita pastosa, i messinesi più delicata e liquida. Ma una consistenza corretta segnala la lavorazione accurata degli ingredienti, alla temperatura giusta.

4. ANNESSI E CONNESSI: BRIOSCIA E PANNA

In alcuni santuari del dolce siciliano è impensabile rinunciare alla panna, in altri metterla è considerata un’eresia. E poi c’è la brioscia, il sicilianissimo lievitato fedele compagno della granita, col tuppo (il cappello al centro) oppure senza.

Brioscia - granite2018

Panna e brioscia non sono diktat, ma in caso di panna leggera e saporita, o di brioscia soffice, pastosa, con la crosta leggera e scura aggiungeremo un bonus al punteggio.

5. COSA NON RIENTRA NELLE VALUTAZIONI

Non abbiamo considerato il servizio, anche granite siciliane servite all’impiedi da personale improvvisato potrebbero conquistare le posizioni migliori.

Non abbiamo considerato ai fini della valutazione neanche i prezzi, che in Sicilia si aggirano tra un euro e 3 euro.

Granite2018

Tutto ciò detto e ribadito, vi diamo appuntamento a mercoledì 25 luglio (posizioni 50/26) e giovedì 26 luglio (posizioni 10-1) per scoprire la classifica delle 50 granite siciliane migliori del 2018 secondo Dissapore. 

L'articolo La classifica delle 50 granite siciliane migliori del 2018 sta arrivando proviene da Dissapore.

Le 50 granite siciliane migliori del 2018: da 50 a 26

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La granita è una e una soltanto: siciliana, il resto è ghiaccio tritato. Dentro ci si inzuppa la brioscia, non un modo diversamente corretto di scrivere brioche, ma proprio brioscia, il lievitato con il tuppo, che poi è il cappello.

Di solito la granita si prende ai gelsi, alla fragola, alla mandorla e al caffè, i più ghiotti chiedono la panna ma non è un diktat.

I siciliani ci fanno colazione durante i mesi caldi dell’anno, a Catania ci si pranza, prenderla di pomeriggio o sera è più da vacanzieri, ma i residenti sono comprensivi: siccome sanno quant’è buona non vi guarderanno come turisti che inzuppano la pizza rossa nel cappuccino.

[Le migliori 50 granite siciliane del 2017]

[Le migliori granite di Catania: non avrai altra guida al di fuori di questa]

Dissapore ha coltivato l’ossessione per la granita dal 2016, con le 10 migliori granite siciliane di CataniaMessina e del Resto dell’Isola. L’anno dopo è arrivata la cliccatissima classifica delle 50 granite siciliane migliori del 2017, una specie di coperta di Linus per andare a colpo sicuro.

Ora, finalmente, è il momento dell’edizione 2018:

— oggi scopriamo le posizioni dal numero 50 al 26;
— giovedì 26 luglio, cioè domani, le posizioni dal numero 25 all’1.

[La classifica delle 50 granite siciliane del 2018 sta arrivando]

Se vi state consumando nell’attesa di scoprire il bar-pasticceria numero uno –nel 2017 il bar Fiumara Giovanni, di Villafranca Tirrena, provincia di Messina– distraetevi ripassando quali sono i criteri da soddisfare per chi è interessato ad apparire nella nostra classifica. E ora, si comincia.

La classifica da 50 a 26

#50 BAR PAPOTTO – SANT’ALFIO (CT) | Nuova Entrata

Sant'Alfio

Il commendatore Vittorio Papotto –pace all’anima sua– è stato per decenni titolare del bar che si trova di fronte alla chiesa di Sant’Alfio –tanto bella da fare dell’estetica un tema di conversazione– nel paese omonimo, la patria della ciliegia.

Oggi gestisce il locale il figlio Giovanni, che sbriga le faccende della pasticceria da quando aveva sei anni, e di ramanzine per arrivare puntuale la mattina ne ha sentite tante. Siccome alle tradizioni quelli di Sant’Alfio ci tengono, con lui nel laboratorio c’è il figlio del fedele pasticciere di suo padre.

I pregi evidenti della granita sono morbidezza e freschezza, il difetto l’eccesso di zucchero.

Voi comunque non andate via senza aver provato le paste di noci, nocciola, arancia e limone.

Bar Papotto - Santalfio - Granite2018

Gusto consigliato: limone
Consiglio per intenditori: le paste di noci, nocciola, arancia e limone.

Pasticceria Bar Vittorio Papotto – Piazza Duomo, 12, Sant’Alfio (CT)

#49 NINY BAR – LETOJANNI (ME) | Nuova Entrata

Niny Bar - Letojanni - Granite2018

Niny Bar - Letojanni - Granite2018

Chi fosse davvero il tacchino non si è saputo mai. La citazione arriva da “Jonny Stecchino”, il film di Roberto Benigni, e riguarda la famosa scena del barbiere, che c’è davvero, si trova a Letojanni, nella stessa grande piazza del Niny Bar.

È opinione generale che la granita non sia più quella di una volta: in effetti concentrare di più il sapore non guasterebbe. In compenso, dopo essersi sbarbati anche per scoprire chi fosse “sto minchia di tacchino“, si gode di una piacevole frescura.

Gusto consigliato: limone

Niny Bar – Via Vittorio Emanuele 216, Letojanni (ME)

#48 BAR VITELLI – SAVOCA (ME) | + 2

Bar Vitelli - Savoca - Messina
Bar Vitelli - Savoca - Messina

Granite e citazioni cinematografiche in Sicilia non mancano di sicuro: stavolta il film è “Il Padrino”.

Il paese in cui si trova il bar Vitelli, nella finzione cinematografica quello in cui Al Pacino chiede la mano di Apollonia, non è Corleone ma Savoca, in provincia di Messina.

I residenti anziani conservano tutti qualche aneddoto sul regista Francis Ford Coppola, se amate il cinema e le suggestioni dovete consumarla qui la vostra granita. Peraltro, la granita al limone si serve su richiesta con aggiunta di zibibbo, così come fu inventata dalla defunta zia degli attuali proprietari.

Bar Vitelli - Savoca - Messina

Bar Vitelli - Savoca - Messina

Gusto consigliato: limone con zibibbo

Bar Vitelli – Piazza Fossia 7, Savoca (ME)

#47 BAR VENTIMIGLIA – CATANIA | Nuova Entrata

Bar Ventimiglia - Catania - Granite2018

Bar Ventimiglia - Catania - Granite2018

Questo bar solitario e silenzioso nei pressi del Teatro Massimo, con l’esterno dell’edificio che lo ospita in perenne ristrutturazione, è un indirizzo da tenere presente per la granita alla mandorla, delicata e fresca, e per la devozione del proprietario verso la ricca storia culinaria siciliana.

Buona anche la granita al gusto di caffè, di solito a Catania troppo concentrata, tanto che i catanesi chiedono quel gusto caffè quasi solo per macchiare la granita alla mandorla, la cui consistenza nella città di Bellini è invece perfetta.

Il titolare, signor Nicotra, è un tipo discreto, ma se lo stuzzicate sui suoi argomenti preferiti –la pasta alla norma e al nero di seppia–  diventa un fiume in piena.

Gusto consigliato: mandorla, mandarino 

Bar Ventimiglia Via Monsignor Ventimiglia 8, Catania

#46 EL CUBANO – SIRACUSA | – 4

La geografia della granita può sembrare incongrua: prendete il bar El Cubano, in una piazzola nella zona balneare a sud di Siracusa: da fuori sembra un distributore di benzina. All’interno invece riserva grandi sorprese ai fissati della granita, specie per la varietà dei gusti.

A gestire El Cubano da oltre cinquant’anni sono due fratelli, uno alla cassa e uno in laboratorio, che a dispetto dei colori tenui, realizza granite molto saporite. Se solo il posto si mimetizzasse meno.

Gusto consigliato: ananas 

El cubanoViale dei Lidi 309, Siracusa

#45 BAR PELLEGRINO – CATANIA | Nuova Entrata

Bar Pellegrino - Catania - Granite2018

Un posto alla buona come se ne trovano tanti nella parte più popolare di Catania popolare, ma fuori dalla Catania popolare. I clienti sono soprattutto i molti professionisti della zona che pranzano con la granita.

Provate quella ai gelsi, uno dei gusti più tecnici perché trovare la quadra tra dolcezza e consistenza non è semplice. Sempre audaci ma meno entusiasmanti gli altri gusti.

Gusto consigliato: gelsi

Bar Pellegrino – Piazza dei Martiri, Catania

#44 BAR RITROVO REMIGIO – VULCANO (ME) | Nuova Entrata

Dicono che Vulcano, prima isola delle Eolie dalla bellezza sconvolgente, sia ormai troppo turistica. Sarà pure così, ma da Remigio, una volta girato l’angolo del porto, la tradizione messinese è pienamente rispettata.

La granita è simile alle migliori che si trovano nella città dello Stretto, ancor più a quelle di Milazzo, note e amate per i colori accesi. Manca la foto, scusate ma l’abbiamo persa.

Gusto consigliato: fragola, fichi

Bar Ritrovo Remigio – Via Provinciale, Vulcano, Lipari (ME)

#43 BAR ROMA – SCIACCA (AG) | + 4

Aurelio Licata - Sciacca - Granita limone

Il massimo del progetto esistenziale a Sciacca? La granita al limone con verdelli di Menfi del Bar Roma da consumare sotto il sole. Non fatevi ingannare dall’aspetto candido e cremoso come poche altre, la granita al limone dello Zio Aurelio non perde d’asprezza né di profumo.

Anche perché il proprietario, che porta quasi sempre una piccola scorta di limoni al tavolo, ve lo fa proprio respirare.

Gusto consigliato: limone

Bar RomaVia delle Dogane 8, Sciacca (AG)

#42 BAR SCIARRONE – MESSINA | Nuova Entrata

Bar Sciarrone - Messina - Granite2018

Bar Sciarrone - Messina - Granite2018

Quattro generazioni per oltre cento anni di storia, prima con un chiosco, poi con la pasticceria vera e propria, rivoluzionata dopo il terremoto.

Ancora oggi il titolare è uno Sciarrone, giovane e appassionato.

Con un po’ di sapore in più, forse un maggiore impiego di frutta, la granita del bar Sciarrone si troverebbe più in alto nella classifica. In compenso la panna è leggiadra e gustosa.

Bar Sciarrone - Messina - Granite2018
Gusto consigliato: fragola con panna

Bar Sciarrone – Via G. Garibaldi 246, Messina

#41 BAR MESSINA STELLARIO – MESSINA

Granita Fragola con panna - Messina Stellario - Granite2018

Granita Fragola con panna - Messina Stellario - Granite2018

Nessuno tocchi la pasticceria Messina Stellario, lungo via Garibaldi. Sarà perché omonima della città sullo stretto, o perché qui la consistenza è una specie di manifesto della granita messinese –non troppo densa, molto rinfrescante– ma il via vai della movida è garantito.

Aggiunta non trascurabile, il gusto pistacchio è tra i migliori di Messina.

Gusto consigliato: fragola, pistacchio

Pasticceria Messina Stellario – Via Consolare Pompea – Piano Chiesa 6, Messina

#40 BAR FORTUNATO – NASO (ME) | Nuova Entrata

Bar Fortunato - Naso - Granite2018

Specialità granita al limone, recita l’insegna del bar sul bivio di “Ponte Naso” che separa il Tirreno dai Nebrodi. Pavimento a scaglia, piano in granito, panciute bottiglie di Vecchia Romagna in bella vista, e habitué della granita al limone che non ne vogliono saperne di andare altrove.

In realtà, il bar Fortunato riserva un paio di  sorprese niente male.

La suggestiva vista delle Eolie che spuntano tra un limoneto e un altro, e il giovane titolare, che prepara la granita solo con i limoni dei dintorni appena colti.

Come alternativa alla brioscia, per accompagnare la granita, il bar propone lunghi biscotti rigati che danno assuefazione. Dei crumiri ruvidi che una volta immersi nella granita s’impregano dell’essenza di limone. Uno spettacolo!

Bar Fortunato - Naso - Granite2018

Gusto consigliato: limone

Bar Fortunato  – Strada statale 113, Naso (ME)

#39 BAR FLORIO – LICATA (AG) | – 3

Bar Florio - Licata

Bar Florio - Licata

Nei pressi de La Madia, il ristorante due stelle Michelin di Pino Cuttaia, Florio è tra i pochi bar dell’agrigentino a fare solo granita, mantenendone alto il livello fin dal 1952.

Ai classici gusti caffè, pistacchio, fragola, mandorla, limone e gelsi (raccolti nella zona di Licata) ha aggiunto da poco tempo un delizioso mandarino.

Insoliti ma gradevoli i recipienti di servizio, delle piccole ciotole d’acciaio, mentre su richiesta si può avere la granita direttamente dentro la brioscia

Gusto consigliato: gelsi, mandarino

 Bar Florio – Corso Filippo Re Capriata 13, Licata (AG)

#38 CAFFE EUROPA – CATANIA | – 15

Caffe Europa - Catania - Granite2018

Caffe Europa - Catania - Granite2018

Caffe Europa - Catania - Granite2018

Se in Italia si facesse ancora serio “giornalismo di costume” qualcuno avrebbe scritto decine di “pezzi frivoli” su Corso Italia, la via del bon ton catanese. E ovviamente sul Caffè Europa, la più elegante pasticceria della città.

Dove ancora oggi signore âgée dalle acconciature diversamente attuali si danno appuntamento per una granita con la Crema Europa, panna fresca buona ma non ai livelli delle migliori graniterie messinesi.

Gusto consigliato: melone cantalupo

Caffe Europa – Corso Italia 302, Catania (CT)

#37 PLAZA DEL SOL – PORTOPALO (SR) | – 13

Plaza del Sol

Granite Plaza del sol

Chi ama parlare seriamente di cose frivole sentenzia che se non viene conservata nei pozzetti la granita non è veramente tale. Eppure non ne abbiamo trovate molte all’altezza di questa del Plaza del Sol, in bella mostra nelle classiche vaschette del gelato.

Una granita ai fichi paragonabile a questa si trova solo alle Eolie (un caldo simile invece solo in Africa).

Plaza del sol

Gusto consigliato: fichi 

Plaza del sol – Via Scalo Mandria, Portopalo (SR)

#36 BAR PRINCIOTTA – BRUCOLI (SR) | – 6

L’incongrua geografia della granita parte seconda. Se è al limone e diabolicamente buona si trova nei posti più improbabili, statene certi. Il bar Princiotta, che con il suo terrazzo in stile gruppo vacanze Piemonte (cit.) affaccia sulla spiaggia di Brucoli, tiene orgogliosamente distante la modernità cara alla movida megarese che affolla i dintorni.

Princiotta - Granite2018

Princiotta - Granite2018

Del resto il signor Princiotta –che sia benedetto– è un tipo solitario e silenzioso, al punto che nessuno ha il permesso di entrare nel suo laboratorio quando lavora le granite.

Ebbene, la granita al limone, oltre che siciliana Doc, sarà la vostra dannazione (nel senso che ne chiederete una dopo l’altra senza riuscire a smettere, e convincerete chiunque sia con voi a fare altrettanto).

Gusto consigliato: limone

Bar Princiotta – Via Libertà 127, Brucoli (SR)

#35 L’ANGOLO DELLE DELIZIE – GLIACA (ME) | Nuova Entrata

Granita Angolo delle Delizie - Piraino - Granite2018

Granita Angolo delle Delizie - Piraino - Granite2018

Di questo Angolo delle delizie urge dire che le decorazioni non sono sempre una buona cosa, parliamo comunque granite, non di tele impressioniste. Sopra c’è così tanta frutta che affondare il cucchiaino dentro la granita –piacere sommo– diventa un rompicapo.

Per completezza d’informazione diciamo anche questo: una volta riposta tutta quella macedonia nel piattino, abbiamo scoperto una struttura da capi supremi della granita, anche il sapore è stato una bella scoperta.

Riassumendo: la granita è meglio senza (tante) decorazioni.

Gusto consigliato: Lampone

L’angolo delle delizie – Via del Sole 1, Gliaca (ME)

#34 PASTICCERIA GRASSO – MACCHIA DI GIARRE (CT) | Nuova Entrata

Bar Grasso - Macchia di Giarre - Granite2018

Bar Grasso - Macchia di Giarre - Granite2018

Torniamo ancora una volta sull’incoerente geografia della granita. Dove si trovano le granite migliori di Catania se non fuori Catania? Ovvero nei paesi della cinta marinara, da Acireale a Giarre (che si considerano altra cosa rispetto al capoluogo di provincia).

La pasticceria Grasso a Piazza di Macchia, frazione di Giarre, lungo la strada che dall’Etna porta al mare di Riposto, è l’esempio virtuoso. Un classico a gestione familiare che non tramonta mai.

Vito Grasso, il granitiere, si desteggia con movimenti bradipi e sicuri. La case-history della brioscia è particolare, il risultato risulta diverso da qualunque altro nella zona etnea. E parlando del sapore, pur avendo le sembianze tipiche delle briosce catanesi, ricorda quelle che si fanno nel siracusano.

Morbida e voluminosa sembra più un panino al latte che un dolce da pasticceria.

Bar Grasso - Macchia di Giarre - Granite2018

Gusto consigliato: pesca
Consigli per intenditori: gelato al torrone pasta di mandorle.

Pasticceria Grasso – Via Pacinotti 1, Macchia, Giarre (CT)

#33 EDEN BAR – ACI TREZZA (CT) | – 6

Granita Eden Bar - Acitrezza - Granite2018

Granita Eden Bar - Acitrezza - Granite2018

Granita Eden Bar - Acitrezza - Granite2018

Il catanese si assoggetta di buon grado al rito collettivo della prima granita di primavera consumata all’Eden bar. Se poi era giovane e rampante negli anni Ottanta, al solo pensiero rischia pure la botta di nostalgia.

Ma la granita non passa di moda, specie quella espressionista dell’Eden Bar, appena rinnovato e specializzato nel gusto gelsi.

Bando al kitsch, questa granita viene sormontata solo dalla panna, che anche questa volta si è dimostrata superiore alla media dei bar-pasticceria catanesi.

Gusto consigliato: gelsi

Eden Bar – Via Provinciale 89, Aci Trezza (CT)

#32 BAR KENNEDY – ACIREALE | + 2

Bar Kennedy - Acireale - Granite2018

Bar Kennedy - Acireale - Granite2018

Bar Kennedy - Acireale - Granite2018
Acireale, detto e sottoscritto, è zona di scultoree granite in puro stile sicilian-style, di quelle che mandano fuori di testa i turisti e chi se la tira con discorsi da gran gourmet. Questa vocazione scultorea ha però uno spiacevole effetto collaterale: spesso rende la granita troppo compatta, soprattutto quella alla mandorla.

La perizia dei granitieri del bar Kennedy scongiura il rischio, e se non fate troppo caso alla folla onnipresente, troverete anche una granita alla mandorla fresca e saporita.

Gusto consigliato: pistacchio, mandorla

Bar Kennedy – Via John Fitzgerald Kennedy 39/L, Acireale (CT)

#31 NUOVO CAFFE AL PORTICO – CARRUBA (CT) | + 1

Caffe Al Portico - Granite2018

Carrubba: frazione di Giarre. Abbiamo capito che la sempre valida equazione paese sgarrupato/ottima granita funziona poco con i pezzi da colazione, ancora meno con la tavola calda.

Poi c’è l’eccezione che conferma la regola. Questo bar sotto i portici di fronte alla chiesa del paese, è luogo di trionfi per la granita come per il cornetto che l’accompagna. Non basta, siamo anche tornati per portare via gli arancini, specie la versione con i funghi porcini dell’Etna.

Caffe Al Portico - Granite2018

Caffe Al Portico - Granite2018
Gusto consigliato: Mandorla, gelsi
Consigli extra: Arancino ai porcini dell’etna.

Nuovo Caffè al Portico – Via S. Martino 1, 95014 Carruba CT

#30 U TEDESCO – MESSINA | – 1

U tedesco - Messina

U tedesco - Messina

Il messinese a cui chiedete lumi di Andrea Soffli si chiederà chi diavolo sia. Ma ditegli che cercate U Tedescu e il suo volto s’illuminerà.

Lo conoscono e lo amano tutti, prima delle recenti elezioni comunali girava in città il suo santino elettorale: alla fine è stato eletto al consiglio di quartiere. Ma continua a fare granite stupende circondato dall’atmosfera allegra che regna intorno al furgoncino da abile venditore di strada

I gusti che si trovano da U Tedescu sono caffè, caffè e panna, fragola, fragola e panna, e così via, nel senso che la granita senza panna è considerata un gusto a parte.

Se i gourmet messinesi storcono la bocca per un un presunto eccesso di informalità, i numerosi fan de U Tedesco non hanno dubbi: la granita autentica è questa non ce n’è per nessuno.

Gusto consigliato: caffe e panna

U tedesco – Viale Europa, Messina

#29 BAR F.LLI AVERNA – RIPOSTO (CT) | – 10

Bar F.lli Averna - Riposto - Granite2018

Bar F.lli Averna - Riposto - Granite2018

L’arredo è quello del bar strapaesano che vuole darsi un tono. Del resto, si viene qui per comprare i dolci di Riposto (inteso come paese), anche se, come in un gioco di assonanze, si tratta di dolci farciti con la confettura adatti a essere posati, conservati.

La presenza incombente dell’Etna e dei suoi frutti influenza le granite, si sente in particolare nei gusti gelsi e limone.

Novità di quest’anno: il dehors con piccoli tavoli in ferro battuto, ricavato in una viuzza ombreggiata dalle abitazioni.

Gusto consigliato: gelsi, cioccolato
Consigli per intenditori: dolci di riposto.

Bar F.lli Averna – Corso Italia 41, Riposto (CT)

#28 BAR CAMPIDOGLIO – S.AGATA DI MILITELLO (ME) | + 11

Bar Campidoglio

Bar Campidoglio

Sant’Agata di Militello. La storia del bar Campidoglio inizia con il triciclo refrigerato per vendere la granita al limone.

Oggi che prosegue in un bar più confortevole ci resta una certezza: non troverete panna migliore di questa in tutta la Sicilia. Chiedetela insieme alla granita di fragole o fragoline di bosco, due proposte di una delicatezza rara.

Non guasterebbe più cremosità.

Gusto consigliato: fragola e panna
Consigli per intenditori: cannolo di ricotta

Bar Campidoglio – Via Campidoglio 25, Sant’Agata di Militello (ME)

#27 PASTICCERIA IRRERA 1910 – MESSINA | – 6

Irrera - Messina - Granite2018 Irrera - Messina - Granite2018

Breve inciso sulle abitudini di consumo delle singole città: a Messina, anche nelle pasticcerie di gran blasone come questa, la mezza (nome in codice della granita) con panna, si prende al bancone.

Le discussioni sulla granita al caffè messinese sono infinite. I sostenitori della versione liquida, quasi come un caffè, non si accordano mai, manco morti, con chi predilige la cremosità, sul genere della crema di caffè.

La granita con panna di Irrera è la miracolosa via di mezzo che mette tutti d’accordo. Anche se resta comunque identitaria, insomma tipicamente messinese.

Dalla granita di Catania, quella della città sullo stretto si distingue per l’intensità del caffè e per la panna vellutata, che anche da Irrera, come in tutto il messinese, si spalma con la spatola e si livella con il bicchiere. Peraltro accompagnata da una splendida brioscia preparata con burro olandese.

Irrera - Messina - Granite2018

Gusto consigliato: caffe con panna

Pasticceria Irrera 1910 – Piazza Cairoli 12, Messina (ME)

#26 PASTICCERIA RIZZO – SIRACUSA | + 8

Pasticceria Rizzo - Siracusa - Granite2018

Pasticceria Rizzo - Siracusa - Granite2018

Il femminello IGP di Siracusa, usato per una delle granite al limone più buone che si trovano in Sicilia, è il simbolo di questa nota pasticceria, presa d’assalto da siracusani e turisti a qualunque ora del giorno.

I limoni, prima spremuti a mano uno per uno quando sono perfettamente maturi –il periodo migliore per concentrare il sapore– vengono poi abbattuti. Di usare la spremiagrumi elettrico manco se ne parla, perché, come si dice da queste parti, il limone si “brucia”.

Pasticceria Rizzo - Siracusa - Granite2018

Brioscia mandorlata - Bar Rizzo Siracusa

Gusto consigliato: limone

Pasticceria Rizzo – Via Polibio 72-80, Siracusa

La classifica delle migliori 50 granite siciliane di Dissapore, anno di grazia 2018, vi dà appuntamento a domani per scoprire le posizioni che vanno dal numero 25 al numero 1.

L'articolo Le 50 granite siciliane migliori del 2018: da 50 a 26 proviene da Dissapore.


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